C’è un luogo tra Campo di Marte e Coverciano che è sacro per qualsiasi band fiorentina. Tutti ci sono passati, tutti ne parlano con affetto. È il Sound System Studio, sala prove gestita dalla premiata ditta famiglia Cioni.
Vi si trovano strumenti di ogni genere, persino valvole militari sovietiche utilizzate nelle trasmissioni radio e acquistate da una chiesa ucraina. In questo luogo c’è evidentemente posto per tutti: da lì arrivano anche i Leaf Deposit.
“Finora abbiamo cambiato un sacco di nomi. Ci piacevano tutti per un po’, poi cambiavamo idea fino a ricorrere a un word randomizer”. Difficile anche incasellarli in un genere: “i nostri pezzi nascono tutti in situazione di jam session, che registriamo e riascoltiamo per salvare il materiale da cui ripartire”.
Chris è voce e chitarra ritmica del gruppo, ed è anche il ponte verso quelle radici americane che i due pezzi pubblicati lasciano intendere. Con lui Cosimo, chitarrista elettrico, Olmo, bassista, e Alberto, batterista. Una formazione classica per il rock alternativo.
Più aggressivo il primo singolo, Kim che si apre con le parole del dittatore coreano e con un basso distorto ad accompagnare in un’atmosfera dalle tonalità dark, evidenziata dalla voce scura e parlata all’inizio, più gridata nel ritornello (con richiami ai Nirvana di Bleache alla scena punk dei Dead Kennedys).
Conman invece, il secondo singolo, ha arpeggi ricorsivi e armonie più rassicuranti, che mi hanno ricordato i R.E.M. di Man on the moon. Il tema è ancora di critica sociale: stavolta la riflessione è sull’impatto irreversibile e dannoso dell’uomo sulla natura e sull’apatia con la quale reagisce alle conseguenze.
I brani, prodotti all’Hidden Island Recording Lab da Michele Pizzolli e Andrea Mastropietro e masterizzati al Tearoom Mastering di Niccolò Caldini, hanno la loro migliore espressione dal vivo: “Il nostro primo live è stato in un locale a noi molto caro, il Blob di via Vinegia. Speriamo di continuare presto, senza dover rinunciare all’impatto dei volumi“.