C’è un luogo, sulle colline a nord di Firenze, dove il tempo sembra sospeso tra la pietra viva del Rinascimento e il battito vibrante della musica dal vivo. È il Parco Mediceo di Pratolino, ed è qui che il Musart Festival compie dieci anni: un traguardo importante per una rassegna che ha saputo reinventarsi senza mai perdere la propria identità, passando dalla solennità urbana di piazza della Santissima Annunziata alla dimensione verde, ariosa e quasi mitologica del parco dominato dal Colosso dell’Appennino. Dieci edizioni che raccontano una visione chiara: portare musica d’autore, ricerca sonora e grandi protagonisti della scena italiana in luoghi che siano essi stessi arte e storia. Perché Musart non è solo un cartellone di concerti, ma un’esperienza culturale diffusa, che fonde memoria e contemporaneità, natura e suono, pubblico e territorio.
Quest’anno, il programma del festival (dal 17 al 26 luglio) abbraccia la forza iconica di Loredana Bertè, la poesia di Roberto Vecchioni, l’eleganza introspettiva di Diodato, l’energia partenopea di Nino D’Angelo, la rinascita artistica di Giovanni Allevi, fino alla reunion dei Gatti Mézzi, capaci di restituire una Toscana ironica e colta. Il tutto orchestrato da Stefano Senardi, direttore artistico e anima sensibile del festival, che abbiamo incontrato per riflettere su questa decima edizione, sulle scelte di oggi e sul senso profondo di fare cultura dal vivo in un tempo che cambia.
Dovendo fare un bilancio di questi dieci anni, quale immagine porti con te del Musart Festival?
Più che un’immagine porto con me uno stato d’animo, un sentimento di entusiasmo e passione che conservo da quando negli anni Settanta prendevo parte ai concerti di grandi artisti internazionali in Italia. Ho conosciuto sia Claudio Bertini che Massimo Gramigni (rispettivamente Presidente dell’Associazione Culturale Musart e di Assomusica ndr) al concerto di Patti Smith del ‘79 a Firenze, da allora siamo sempre rimasti in contatto e posso confermare che il loro attaccamento alla città, lo spirito imprenditoriale e l’idealismo rispetto all’importanza culturale di queste loro attività, non sono mai venuti a mancare. Quello che ho trovato sempre in MusArt è stata la ferma volontà di unire valorizzazione del territorio e proposte artistiche di qualità, per offrire al pubblico fiorentino il meglio di ciò che il mercato del live propone ogni anno in luoghi simbolo della città, con un’offerta più ampia e diversificata possibile che intercetta varie tipologie di pubblico.
Il trasferimento al Parco di Pratolino ha cambiato profondamente l’esperienza del festival. Come si è modificato il modo in cui il pubblico vive i concerti in questo scenario naturale?
Come tutti i cambiamenti coraggiosi, anche questo necessita di una fase di adattamento per il pubblico. Anche quest’anno l’organizzazione metterà a disposizione trasporti gratuiti, navette dal parcheggio al luogo del concerto: un’attenzione particolare per garantire a tutti l’arrivo e l’accesso allo spettacolo. Si continua a privilegiare un luogo simbolo della cultura fiorentina come il Parco delle Meraviglie, che garantisce dei vantaggi per lo spettatore “ripagandolo” per lo sforzo del breve tragitto. Non essendo fiorentino, quando sono arrivato nel Parco di Villa Demidoff sono rimasta bocca aperta: non sapevo ci fosse la possibilità di poter usufruire di un luogo dalla bellezza così straordinaria, un anfiteatro naturale immerso nel verde a pochi chilometri da una città che a luglio è umida e rovente. Questa nuova location permette di godersi lo spettacolo in un contesto ideale ed è anche un messaggio che abbiamo pensato di dare agli appassionati di musica: ritagliarsi una serata con calma, arrivando per tempo per ammirare il Colosso dell’Appennino che da solo merita la visita, l’acqua della fontana con le ninfee, il fresco degli alberi, il profumo del prato.
La natura non è solo uno sfondo in questo Festival, ma diventa parte dell’esperienza musicale. Quanto conta oggi creare contesti immersivi che uniscano arte e ambiente?
Conta molto perché “umanizza” la fruizione dei concerti e rende tutto più semplice anche se apparentemente più rallentato (ma quest’ultimo punto lo ritengo un vantaggio). Poter evitare il caldo delle code per l’ingresso, la corsa al parcheggio e arrivare in un luogo patrimonio dell’Unesco dove l’esperienza della natura fa parte dello spettacolo stesso è già un plus di straordinaria grandezza e chi l’ha già vissuto l’anno scorso ne è consapevole. Quest’anno ci saranno le visite guidate al Colosso del Giambologna e ad altri luoghi simbolici del Parco per poter consolidare il legame tra cultura e territorio e connettere il piacere del Concerto al contatto con arte e natura.

foto: Virginia Bettoja
I Gatti Mezzi tornano insieme proprio sul palco del Musart con il loro jazz popolare, ironico e letterario che sembra fatto apposta per Pratolino e anche un omaggio alla toscanità colta e disincantata; cosa rappresenta per te e per il pubblico toscano questa reunion?
Non è una casualità se hanno scelto questo Festival per tornare insieme dopo dieci anni con l’anteprima del loro tour in Toscana. Proporranno il repertorio originale dei primi dischi e dei primi spettacoli, un catalogo antologico in cui jazz e swing accompagnano tutti gli arrangiamenti. Sono dei cantautori sarcastici, autoironici e capaci di comunicare al proprio pubblico con leggerezza e sensibilità letteraria e il contesto di Musart non poteva essere più adatto.
Il festival è cresciuto con il sostegno delle istituzioni locali e della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze. Cosa significa oggi, per un direttore artistico, costruire un progetto culturale duraturo in una città come Firenze?
Per realizzare una progettualità significativa e riconosciuta dal pubblico e dalle istituzioni, la collaborazione con gli Enti locali è fondamentale e questo significa entrare in contatto con le persone, provare a rispondere ai bisogni del territorio e conoscerne le potenzialità. Tra le cose che non dimenticherò mai dell’esperienza di Musart c’è un evento organizzato nel centro storico di Firenze presso la sede della Caritas in occasione di un documentario che avevo realizzato su Franco Battiato e che veniva proposto parallelamente a tutte le altre attività del Festival. Si decise di organizzare la conferenza stampa con un menù vegetariano preparato da un cuoco d’eccezione e fu per me una cosa di un’attenzione squisita.
Dal pop colto di Diodato al grande ritorno di Vecchioni: come si tesse una trama coerente tra voci così diverse?
Il ventaglio di artisti offerti in cartellone è ampio proprio per andare incontro a tutti i gusti del pubblico, tenendo fermi i punti cardine del Festival: l’assoluta qualità e l’unicità delle proposte artistiche e la volontà di conciliare la grande musica popolare con la valorizzazione del territorio.
Sempre più spesso i concerti diventano esperienze totali, tra luci, immagini, parole, è questa la direzione che la musica dal vivo deve prendere, anche per Musart?
L’industria della musica dal vivo porta con sé anche tutta una serie di “accessori” che garantiscono un’esperienza immersiva come luci, video, scenografia che necessitano di grandi produzioni, impianti audiovisivi e allestimenti monumentali. Nel caso di Musart la musica resta al centro insieme al Parco delle Meraviglie di Pratolino: la parte più spettacolare della serata, come abbiamo detto all’inizio, sarà lo scenario naturale in cui tutto avrà luogo, che andrà ben oltre qualsiasi allestimento artificiale.
Tra le novità di Musart Festival 2025, le navette gratuite, con golf-car, che collegheranno gli ingressi del Parco all’area concerti.
MUSART FESTIVAL
dal 17 al 26 luglio
www.musartfestival.it
Biglietti: www.ticketone.it e www.boxofficetoscana.it/punti-vendita