di Vittoria Brachi

 

Il suono è libero. Non esistono barriere architettoniche che possano impedirne il propagarsi. Se lo spazio è quello di una prigione è l’unico elemento che consente la comunicazione tra celle in modo naturale, lasciando la bestialità ai gesti. Il suono è un fatto primordiale, evolutosi nell’uomo in una serie sinfonica che costituisce le nostre parole. MAD ha voluto ripensare uno spazio complesso, nella zona del carcere duro delle Murate partendo dal suono. L’installazione sonora permanente di SADI, Agorà, è un modo per ripensare lo spazio a partire dalle persone che lo hanno occupato.

Contro ogni discriminazione

L’opera è stata inaugurata in occasione del Black History Month Florence; una scelta non casuale se si pensa che alcuni afrodiscendenti furono detenuti in questo stesso carcere durante le leggi razziali. Molte sono le figure a cui dà voce, come quella di Alessandro Sinigallia, partigiano schedato dagli archivi di polizia come “ebreo e figlio di madre negra”. Questa è una delle tante storie che si intrecciano alle Murate. Storie di personaggi noti, antifascisti come Gaetano Salvemini e Carlo Levi, altri meno noti, ma non meno importanti. L’opera di SADI vuole proprio concentrarsi su questo: l’inclinazione alla libertà e all’ideale della democrazia per approdare a un mondo più giusto. La libertà dell’uomo si spera che possa coincidere con quella del suono, senza confini autoimposti e barriere che ne impediscano il movimento, una piazza di ascolto, comunicazione e condivisione.

La “custodia” nascosta dei detenuti

Agorà è posizionata in una zona del Carcere delle Murate che è stata nascosta all’occhio umano per decine di anni. Per questo motivo, come spiega una delle curatrici, Valentina Gensini, lo spazio è una capsula del tempo in cui possiamo meditare sul ruolo delle celle e su chi hanno custodito. L’artista, nato a Firenze nel 1978, ha voluto in questo modo ricordare il pensiero dissidente, contrario e profondamente ideale di coloro che sono passati per questo luogo: ebrei, disertori, partigiani, ribelli, afrodiscendenti.

Una delle parole che sono più saltate all’attenzione in questa conferenza stampa è stata “custodire”. Difficilmente ci si immagina che un luogo del genere possa aver custodito qualcuno. L’idea che si ha del carcere è più vicina all’immaginario di reclusione e ingiustizia. La curatrice Veronica Caciolli racconta dell’iter di ricerca che ha coinvolto SADI in questi quattro mesi, tra cui la collaborazione di MAD con il Museo di Antropologia di Firenze. «Entrando più a fondo in questo progetto era necessario capire la connotazione storica del carcere duro delle Murate per far sì che l’intervento finale non fosse astratto, ma che parlasse delle Murate.»

Oltre la lingua, al di là delle barriere

SADI aggiunge che lo studio sull’installazione ha richiesto una riflessione circa la differenza tra suono e parola. La parola contiene la possibilità di incasellare un concetto, portandosi dietro una memoria. Dovremmo utilizzare parole diverse per ogni persona che ha abitato le celle del carcere, per ogni Salvemini, Levi, Sinigallia, per Hans Purrmann, pittore tedesco trasferitosi a Firenze negli anni 30 e tacciato di creare arte degenerata dal regime nazista. Durante la visita di Hitler e Mussolini in città nel 1938 viene imprigionato per non creare problemi; successivamente è ricercato perché sospettato di far parte del Novembergruppe. «Mi arrivavano queste immagini che erano semplicemente sonore. Una drammaturgia, un percorso che nasce da un ambiente nudo e crudo, per poi proiettare un’immagine profonda di un senso di libertà, che è etico

Sadi, foto di Nicolò Taglia

Da spazio di negazione a luogo di democrazia

Occupare lo spazio delle celle non deve essere un’esperienza facile. L’opera dura 15 minuti in cui si possono notare elementi diversi e intrecciati: scritte e disegni che appartengono a varie epoche e coesistono nel manifestare un clima di segregazione, nel ricordare il vilipendio sociale a cui erano soggetti questi personaggi.

A livello sonoro ci sono momenti di forte rievocazione: vibrazioni che possono attraversarci da parte a parte provocate dalle campane, urla, rumori di oggetti comuni. Sono tutti suoni ambientali in cui la parola è solo un’evocazione data dalla nostra esperienza e dalla memoria. «Un passaggio dal minore al maggiore» dalla malinconia alla liberazione finale che giunge grazie alle voci di soprano e contralto di Letizia Dei e di Marina Mulopulos. Il suono è libero, è puro, attraversa tutto ciò che ha intorno: siano questi persone, oggetti o pareti, non fa alcuna differenza.

 

Per ulteriori informazioni:

Agorà, 2023-2024
Installazione sonora site-specific, 15’

SADI: composizione
Letizia Dei: soprano
Marina Mulopulos: contralto
Claudio Macchia: sound design
Omikron e Pardo: allestimento

MAD Murate Art District
Piazza delle Murate – Firenze
Apertura: dal martedì al sabato
14.30 – 19.30