di Ginevra Poli

Vi piace ascoltare musica jazz, ma non solo? Sabato 17 settembre, all’Ultravox nel parco delle Cascine, in occasione del Firenze Jazz Festival 2022, si esibirà Maria di Donna, in arte Meg. L’artista, dopo il sodalizio con i 99 Posse, dal 2004 inizia una carriera solista eclettica, ricca di contaminazioni tra diversi stili e mondi, uniti sempre dalla musica elettronica. Il 2022 segna il suo ritorno sulle scene, corroborato da nuovi stimoli sonori e dall’uscita del nuovo singolo “Non ti nascondere” che anticipa l’album Vesuvia, disponibile dal 30 settembre.

Meg, cosa ti ha spinto a decidere di esibirti sabato all’Ultravox, nell’ambito del Firenze Jazz Festival? Senti di avere anche tu un animo ‘jazz’?

Mi ha fatto molto piacere l’invito al Firenze Jazz Festival. Sono una grande ascoltatrice della musica jazz sin da quando ero piccola, grazie anche all’influenza di mio padre, anche lui grande amante di questo genere musicale. Uno dei miei artisti preferiti è il sassofonista John Coltrane, ma ce ne sono molti altri. Tra le voci femminili la mia preferita in assoluto è senz’altro Billie Holiday: ricordo che da bambina mi commuoveva, pur non conoscendo ancora la sua storia.

Qual è la tua idea di musica? Le tue canzoni non hanno niente a che fare con la musica esistente o ti piace che alcuni tratti di quest’ultima emergano?

Sono dell’idea che la musica non abbia generi: ho sempre ascoltato canzoni di ogni tipo senza alcuna riserva. Quando ho iniziato a lavorare, erano gli anni Novanta: un periodo del tutto rivoluzionario, dato che sono cadute tutta una serie di sovrastrutture riguardanti i generi musicali. Con l’uso di nuovi strumenti quali il campionatore o il computer, la musica è diventata sempre di più una sorta di magma a 360° nel quale potersi esprimere senza schemi. Il fatto stesso che un artista potesse unire dischi diversi, prendere un campione di musica classica, un altro da un disco di musica jazz, e poi da lì creare un pezzo del tutto innovativo, per me è sempre stato estremamente stimolante.

C’è qualche anticipazione sull’esibizione di sabato all’Ultravox di cui ti piacerebbe parlare?

Mi esibirò con artisti che vengono da scuole diverse e che condividono con me lo stesso pensiero: non esistono generi musicali, ma “la” musica tutta. Non dico che sia una legge scritta per tutti, questa è semplicemente la mia visione e chi la pensa diversamente da me ha tutto il mio rispetto. Tra i nomi che saranno sul palco con me sabato, penso a Marco Fugazza, batterista di alto livello, grande appassionato di musica elettronica, oltre che produttore. Una personalità come Fugazza è senz’altro abituata a mescolare le carte in tavola! Oltre a lui ai sintetizzatori ci sarà anche Mario Conte, grande amico e collaboratore di vecchia data, oltre che produttore.

Meg Firenze Jazz Festival
Foto: Mattia Guolo

Che effetto ti fa tornare a Firenze? Ci sono ricordi o luoghi che ti legano alla città?

Firenze è una città bellissima e ho cercato sempre di vivermela non tanto dal punto di vista turistico, ma da cittadina, come se fossi abitata sempre lì. In un periodo della mia vita l’ho frequentata molto: avevo diversi amici in città, spesso se avevo dei “days off” mi fermavo, gironzolavo per le stradine della città e frequentavo locali. Essendo poi il centro storico fiorentino piccolo, era più facile per me incontrare le stesse persone. Altri ricordi bellissimi a Firenze sono stati quelli con la Compagnia teatrale di Giancarlo Cauteruccio, con cui feci la colonna sonora per La Tempesta, uno spettacolo teatrale di Shakespeare, del tutto rivisitato in chiave più libera e tecnologica, sia dal punto di vista musicale che della scena.

Qual è la canzone a cui sei più legata e per quale motivo?

Ce ne sono tante, vado molto a periodi. In questo momento mi sento molto legata a una canzone del nuovo disco, intitolata Arco e frecce, che uscirà venerdì e che canterò sabato all’Ultravox di Firenze. In questo pezzo ci sono due collaborazioni molto fresche e preziose: quella dei ragazzi del collettivo Thru Collected e quella del gruppo Specchiopaura. Si tratta di due realtà napoletane della scena contemporanea: ragazzi giovani che hanno gusti, approccio alla musica e modo di scrivere molto simile al mio. È un pezzo “stream of consciousness”: sembra che sia la coscienza a parlare di sé insieme a varie voci. È un vero e proprio viaggio all’interno di noi stessi: “un bel trip”, sia dal punto di vista musicale che gestuale. Il tema di questa canzone mi sta molto a cuore ed è quello della ‘mente’: talmente veloce, raffinata e potente, che è quasi impossibile dominarla. Nessun algoritmo, nessun regime, nessuna dittatura potrà mai farlo. Fa sempre un po’ paura una mente pensante e, proprio per questo motivo, è bello ricordare che la dobbiamo utilizzare e dobbiamo lasciarla libera.

La copertina del nuovo album di Meg “Vesuvia”

E una collaborazione, con un artista o con un gruppo di artisti, che ti è rimasta particolarmente a cuore?

Ce ne sarebbero tantissime. La prima che mi viene in mente adesso è quella con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, un gruppo napoletano di artisti che riprendono pezzi antichi della tradizione napoletana. La prima volta che li sentii, facevo La Gatta cenerentola, un’altra grande opera napoletana del maestro Roberto De Simone, che ha segnato in maniera indelebile la mia formazione musicale. Quando poi ho avuto la possibilità di lavorarci assieme e di farci un tournée, per me è stato proprio come realizzare un sogno e farlo diventare realtà. Tra le collaborazioni anche quella con la pianista Katia Labeque, che mi ha coinvolto nel suo progetto di rilettura dei Beatles.

Per informazioni sul concerto di Meg all’Ultravox: www.firenzejazzfestival.it