di Daniele Pasquini
Da un po’ di tempo a questa parte mia moglie ha iniziato a comprare i semi di chia. Chi non li conoscesse dovrebbe prima di tutto prendere in considerazione di rivedere la propria dieta informativa, dal momento che i semi di chia sono spesso citati negli articoli di giornali e riviste, di solito in servizi dedicati ai superfood, tipo le bacche di goji, i mirtilli, e mille altri tipi di chicchini costosi. Vengono chiamati super-cibi per le loro strabilianti proprietà nutritive, oltreché per qualità superlative di cui non è ora il caso di parlare. Mia moglie con i semi di chia prepara una colazione – che lei chiama autorevolmente pappetta – a suo dire miracolosa e ovviamente buonissima: alla sera versa in un bicchiere un dito di questi semini, poi aggiunge un paio di dita di latte di soia o di mandorla, tappa il tutto e lo lascia tutta la notte in frigo. La mattina il bicchiere ha un aspetto vagamente cremoso, quasi melmoso, e lei lo mangia con rapide cucchiaiate. È ottimo, garantisce. E ricchissimo di omega-3. Il tutto assicurato con la stessa credibilità scientifica del Mago do Nascimento.
I semi di chia, questo lo sanno in pochi, sono in realtà i semi di una varietà di salvia. È una salvia non buona per l’arrosto, né per essere fumata, allora si sono accorti che sgranocchiare i semi poteva giustificarne l’esistenza sulla Terra. La tutela della biodiversità a volte può regalare perle di marketing imprevedibili.
Ma tornando alla scienza, come è noto, tra il fegato e il pancreas risiedono due organi di cui raramente si parla nei libri di anatomia: il senso di colpa e l’orgoglio. Quando siete fieri, o quando sentite di aver contratto un debito morale, sentite mai che qualcosa si smuove nel ventre? Faccio questo inciso per raccontarvi che con orgoglio avevo sempre rifiutato di assaggiare la sua pappetta (mai e poi mai!) fino a cedere – senso di colpa – di fronte alle accuse gravissime che mi piovevano contro: per una volta tanto, vuoi fidarti di me? Cosa ti costa? Smettila di essere sempre così critico.
E allora avevo infine ceduto, assaggiando i benedetti semi di chia. Vi dirò, con tutta onestà: l’aria sterile del più asettico laboratorio al CERN ha un sapore più marcato. Ma tralasciando il gusto, ai semi di chia va riconosciuto il pregio di essere piccoli e piacevolmente scrocchievoli al palato, sentirli ruzzolare sulla lingua e crepitare sotto i denti è un’esperienza che – in mancanza di occupazioni di altro tipo – potrei addirittura trovarmi a raccomandare a qualche conoscente molto sensibile o con un lieve disturbo.
Mia moglie – non paga di averne acquistata una busta da 300 grammi al prezzo di 1 lingotto al kg – ha deciso di ricordarmi ogni santo giorno la fondamentale presenza dei semi di chia nella nostra vita domestica mettendoli in un barattolo proprio accanto a quello del sale, tra il lavello e i fornelli.
Perciò l’altra sera, dopo la ventisettesima cena in quarantena (io proponevo merluzzo con pomodoro e olive, lei peperoni ripieni di quinoa e feta: indovinate chi ha vinto?) ho sentito che avrei meritato un dolcino. Non sono un goloso, vivo molto bene senza dessert e non ho vizi a base di zucchero. A volte ne sento la mancanza, ma vincerne la privazione è una sensazione che mi dà forza e mi fa sentire stoico. Ma la cena parca mi aveva scoperchiato lo stomaco: cosa avrei potuto mangiare? Il frigo non offriva alternative ad un barattolo di yogurt greco senza grassi. Perciò mestamente ho preso un cucchiaino e deciso di concludere il pasto con quello. Ma buttando la pellicola in alluminio ho notato il barattolo dei semi di chia: ricordate l’esperienza della piacevole scrocchievolezza sul palato? Ho pensato bene che un paio di cucchiaiate, insieme allo yogurt, avrebbero potuto aggiungere una simpatica consistenza al mio magro dessert.
Ora, è bene che sappiate che i semi di chia sono molto piccoli. Quanto piccoli? Piccolissimi. Avete presenti i semi di senape, che per Gesù nei vangeli sono l’unità di misura minima della fede? Un seme di chia, rispetto al granello di senape, è la metà. Lo so bene, perché ho anche un barattolino con i semi di senape e li ho comparati attentamente: i semi di chia sono veramente minuscoli.
La dimensione dei semi di chia è una caratteristica da tenere bene a mente, soprattutto quando li estraete con il cucchiaio da un barattolo per versarli in un vasetto di yogurt. Potrebbe capitarvi infatti di non centrare il recipiente e di versarli a terra, e poi per caso urtare il coperchio del barattolo e rovesciarne un po’ sul piano di lavoro, e magari nel tentativo di rimediare al danno potrebbe succedervi di peggiorare le cose rovesciando l’intero contenitore e disperderne una quantità considerevole – indicativamente, 1 milione di granelli – in un appartamento.
Si tratta di un’esperienza empirica: pertanto anche se questo testo non costituisce letteratura scientifica, spero fornisca sufficienti spunti affinché i lettori traggano le dovute conclusioni.