“Vani d’ombra” è un libro sulle donne e sulla loro nuova dimensione di esseri sfacciatamente dominanti. “Vani d’ombra” è anche un libro sull’uomo e sulla sua nuova dimensione di vittima.

Abbiamo una letteratura sconfinata di storie di donne che impazziscono, che vengono usate, abusate, strumentalizzate e traumatizzate, in questo nuovo romanzo di Simone Innocenti si assiste a un ribaltamento dei ruoli. Questo ribaltamento risulta naturale, non è un processo, è un dato di fatto, è qualcosa che si presenta al protagonista come un destino scritto, che comincia con il suo primo contatto col sesso da bambino per culminare in un delirio bianco alla fine del suo racconto.

Il bianco è un concetto chiave della storia, è un leitmotiv, è un filo che cuce tutti i momenti di rilievo del protagonista Michele Maestri fino a produrre un pupazzetto di stoffa grottesco, con gli arti asimmetrici e lo sguardo vuoto.

Lo stile di scrittura di Innocenti non rientra nei soliti canoni moderni, ma la storia ha dei nodi essenziali per poter comprendere la profonda trasformazione che tutti gli uomini stanno affrontando in questo secolo: il sovvertimento dei valori, la paura del sesso, la necessità di affrontare anche la loro parte interiore per troppo tempo tralasciata, ignorata, come se fosse qualcosa di inesistente e inconsistente.

In questo libro si parla dell’incapacità di vedere con gli occhi. E quello che accade quando si dà il timone della vista soltanto alla mente è uno sdoppiamento obbligato, una perdita di fiducia, un ossimoro invalicabile.