Ah le biblioteche! Che bei posti! Almeno per me. Specie se pulite, ben illuminate, calde d’inverno e fresche in estate. Non solo culle di sapere e cultura, ma anche luoghi di studio e aggregazione, dove ritrovare (si spera) la concentrazione nel silenzio.

Da anni mi capita di frequentare alcune biblioteche universitarie o comunali tra Firenze e Prato. È qui, fra i tavoli, gli scaffali pieni di libri dalle costole variopinte, i desk informativi con personale zelante o svogliato, le macchinette del caffè e i bagni più o meno provvisti di sapone e carta igienica, che s’incontrano personaggi fuori dall’ordinario.

In una biblioteca di Prato, sempre la stessa, la fauna umana è particolarmente varia. Tralasciando le molte specie di studenti, fighetti, pottini, hipster, sfaccendati, alternativi, chiacchieroni o smartphone-dipendenti (ahinoi!), alcuni soggetti hanno sempre attirato più di altri la mia attenzione. Una signora anziana, forse ex insegnate, capelli bianchi e aspetto un po’ dimesso ma comunque decoroso, che gira sempre con un carrellino pieno di non so cosa. È probabile che in quelle buste ciancicate che si porta dietro ci sia buona parte della sua esistenza.

Frequentatori abituali sono poi due uomini alquanto sui generis. Uno è abbastanza noto in città, gira sempre a piedi nudi con le ciabatte, anche in inverno. Qualcuno dice che sia un mezzo genio, sicuramente ha scritto un libro e non dà fastidio a nessuno. Prende libri apparentemente random e gli sfoglia disordinatamente.

L’altro è un personaggio contemplativo. Si siede nella zona dei quotidiani o nell’atrio, apparentemente senza fare nulla. In realtà osserva con sguardo allegro tutti quelli che gli passano davanti. Ha un sorriso disegnato sul volto scuro per la barba di un giorno o più. Sua caratteristica peculiare è quella di portare sempre con sé una borsa, di quelle grandi di plastica con i manici da utilizzare più volte per fare la spesa. Il problema è che è vuota!


C’è infine un tizio di mezza età, più curato nell’aspetto e nel vestire, che passa giornate intere a leggere i giornali. Mi è capitato di incontrarlo nei bagni, dove, dopo avermi guardato con occhi non troppo amichevoli, ha iniziato a spengere tutte le luci in modo compulsivo… Sarà un fautore appassionato del risparmio energetico!

Ma il vero genio tra queste anime perse, quello che le sovrasta tutte, lo incontravo a volte anni fa in quel piccolo mondo che è la biblioteca di Lettere in piazza Brunelleschi a Firenze.
Un signore di circa quarantacinque anni, ben vestito, anche se spesso spettinato, ciuffo castano e occhiali. Aveva un’aria che mi ricordava Pavese o un intellettuale russo degli anni ’30. Entrava trafelato nella sala lettura e iniziava a parlare ad alta voce. Pronunciava per lo più frasi sconnesse e alle orecchie di noi poveri studenti infreddoliti, senza senso. Alcuni anni fa segnai una serie di parole che gli uscirono di bocca: “Rigagnolo, sporadicità, masnada, noiosetto, naif, versatilità, concorso di colpa”. Anche lui, come il suo omologo pratese, prendeva libri – a me pareva a caso – e, più che leggerli, li stropicciava. L’apice lo raggiunse una mattina di cinque o sei anni fa. Era il 31 ottobre e la sera al cinema Odeon proiettavano “La Notte dei Morti Viventi” di George A. Romero. Facendo finta – ne sono convinto – di parlare al telefono con qualcuno, si mise a commentare quasi urlando il film, uno dei suoi preferiti evidentemente, esaltandone le scene più truculente. Ormai da molto tempo non lo vedo più, ma mi è sempre rimasta la curiosità di sapere chi era, cosa faceva e cosa pensava. Perché in fondo è bello e necessario a volte essere un po’ “matti.