Tesoro nascosto tra i capannoni dell’Osmannoro, il distributore musicale indipendente Audioglobe sta festeggiando i suoi trent’anni di attività, un vero e proprio record se consideriamo le enormi difficoltà che l’industria discografica ha accusato negli ultimi anni.

Simone Rossi, con l’aiuto degli altri soci fondatori, ha risposto alle nostre domande in questa lunga e interessantissima intervista.

Raccontateci come è nata Audioglobe…

Audioglobe è nata nell’ormai lontano 1993 grazie all’intuizione e all’incoscienza di cinque, allora giovani, appassionati di musica che avevano già, quasi tutti, esperienze lavorative nel settore che reputavano poco soddisfacenti. Ci siamo semplicemente guardati negli occhi e abbiamo deciso di provarci, peggio di come stava andando, con serietà e impegno, non sarebbe potuta andare. I primi anni non sono stati facili, ce ne abbiamo messi almeno un paio prima di riuscire a ricavare qualcosa per noi dal nostro lavoro; all’inizio tutto veniva re-investito nell’attività, poi però piano piano siamo riusciti ad avere uno stipendio normale e nell’arco di pochi anni ci siamo strutturati, abbiamo fatto delle acquisizioni importanti per la distribuzione e le cose hanno iniziato a girare per il meglio. Alla fine del decennio eravamo pronti a uscire dagli scantinati dov’eravamo stati fino ad allora per dare ad Audioglobe una sede di rispetto, grande abbastanza per tutte le persone che nel frattempo erano state assunte e per le decine di migliaia di titoli che avevamo in distribuzione. La sede in cui siamo ancora oggi, nonostante le varie crisi di settore, le crisi globali, sia immobiliare che finanziaria e, per non farsi mancare niente, anche una bella pandemia nel mezzo. È stato però un privilegio aver avuto la possibilità di trasformare una passione in lavoro, e riuscire a farlo durare, speriamo, una vita intera.

Quanto è stato difficile per voi lavorare a Firenze, lontana dalle solite rotte come Milano o Roma?

Inizialmente essere a Milano invece che a Firenze ci avrebbe probabilmente permesso una gestione più semplice dei contatti di lavoro e una crescita aziendale più veloce. Il nostro attivismo nelle fiere internazionali, e i buoni contatti maturati con le esperienze precedenti, ci hanno però permesso, se non di colmare, almeno di limitare il gap con Milano. In seguito abbiamo avuto la fortuna di vivere e la capacità di sfruttare per la crescita dell’azienda, tutto lo sviluppo tecnologico e delle telecomunicazioni che ci ha portato alla situazione attuale. Mentre nelle esperienze precedenti c’erano carta e penna, telefono e fax, con l’avvio di Audioglobe ci sono stati subito i PC e poco dopo le email, i siti web, i cellulari (anche se all’epoca si telefonava e basta) e tutto quello che è arrivato dopo e che ha reso molto più semplice comunicare anche con interlocutori molto distanti.

Come valutate la situazione della musica indipendente in Italia?

Non è semplice fare una valutazione, ci sono aspetti che sono migliorati rispetto agli anni che abbiamo vissuto professionalmente interamente calati nella realtà indipendente italiana e altri che sono molto peggiorati. In linea di massima i social, internet e i servizi di streaming hanno sovvertito tutte le dinamiche che si erano consolidate dopo gli anni ’80, il decennio in cui la musica indipendente si è consolidata come tale, si sono formati i circuiti di distribuzione internazionali e tutto il settore ha iniziato ad avere maggiore credibilità. Adesso è molto più facile arrivare al pubblico con la propria proposta musicale ma sembra esserci meno fascinazione per la musica indipendente; non vogliamo fare dietrologia ma essere appassionati di musica di non facile reperibilità, informarsi su fanzine o magazine semi-carbonari, dover impazzare per settimane prima di riuscire a trovare e ascoltare il proprio oggetto del desiderio, conferiva un fascino ai dischi che abbiamo apprezzato prima dello streaming, di internet e del tutto e subito, difficilmente replicabile. Senza scendere troppo nello specifico, un dato interessante degli ultimi anni, iniziato prima della pandemia, poi sospeso e ripreso nell’ultimo paio di anni, la decrescita costante del numero di negozi indipendenti in Italia si è finalmente arrestata e il numero dei negozi specializzati ha finalmente ripreso a crescere. Una cosa per niente scontata nell’epoca di amazon e dei grossi mailorder internazionali.

Tra i mille aneddoti che vi hanno accompagnato in tutti questi anni, ce n’è uno che ricordate con particolare piacere?

Siamo cinque soci e ci sono molte persone che lavorano in Audioglobe, ne abbiamo viste di tutti i colori come si suol dire, è molto difficile trovare un aneddoto che sia comune a tutti. Ne citiamo uno che forse ci è rimasto impresso perché accaduto nei nostri anni di formazione. Riguarda i Porcupine Tree e i loro concerti del 1997 al Frontiera di Roma, quelli da cui è stato poi tratto il live ufficiale “Coma Divine”. La band non era ancora il faro del nuovo progressive rock che è diventata poi nel decennio successivo ma ci stavamo lavorando da qualche anno e i risultati iniziavano ad arrivare. Roma, grazie anche al prezioso lavoro di Radio Rock, è stata la prima città in cui abbiamo ottenuto buoni risultati commerciali per la band e i due concerti erano esauriti da tempo. I Porcupine Tree non erano ancora organizzati per gestire il merchandise nei tour e ci chiesero se potevamo occuparcene. Abbiamo accettato volentieri e un paio di noi si siamo recati a Roma con l’auto piena di dischi, CD e magliette, con la sensazione di aver esagerato con la quantità di materiale portato. La sera del primo concerto, al termine dello stesso, ci mettiamo al banchetto in attesa dell’uscita del pubblico, ancora molto dubbiosi sulla quantità portata nonostante le oltre mille persone all’interno. Tempo due minuti e veniamo letteralmente assaltati! Abbiamo passato un’ora di fuoco in cui non sapevamo davvero come riparare a tutti e nella quale il banchetto è stato, educatamente, saccheggiato lasciando ben poco per la data del giorno dopo. Siamo riusciti a comunicare di nuovo tra di noi solo dopo che gli ultimi spettatori se n’erano andati. Essendo più tipi da dietro le quinte, abbiamo vissuto con estremo piacere quel contatto diretto con un pubblico che avevamo contribuito a creare e questa stupidata ha rafforzato le nostre convinzioni sul lavoro che stavamo facendo e ci ha dato energie positive per molti anni a seguire.

A Toys Orchestra, Lepre, Mirkoilcane, Gaube, Massimiliano Larocca: tante belle uscite recenti sulla vostra etichetta Santeria Records. Cosa vi ha spinto a riprenderla in mano e riprendere un cammino che sembrava interrotto?

Diciamo che l’etichetta è stata dormiente per qualche anno, non abbiamo mai pensato a interrompere del tutto la sua attività. Purtroppo però le già citate crisi di settore degli anni zero, e quelle immobiliari e finanziarie a cavallo degli anni dieci, hanno portato a un calo importante di fatturato e alla conseguente necessità di adeguare la struttura di Audioglobe alla situazione che si era venuta a creare. Sono stati anni difficili quelli tra il 2008 e il 2013, abbiamo dovuto fare scelte dolorose e privarci di collaboratori importanti, speriamo di essere riusciti a gestire il tutto senza mancare di rispetto alla dignità professionale di nessuno e di non aver creato problemi alle famiglie. Siamo stati costretti a ridurre la forza lavorativa di Audioglobe di una buona metà nell’arco di 5-6 anni. Nel frattempo il mercato si era completamente frammentato, per ottenere i risultati economici di un album che andava bene, dovevi lavorarne dieci, è diventato tutto molto più dispendioso, soprattutto a livello di tempo per seguire professionalmente le uscite. Dunque, meno persone e più materiale da distribuire, siamo stati davvero in difficoltà e abbiamo dovuto serrare le fila sulla distribuzione, che bene o male è quello che ci ha dato da vivere in tutti questi anni, e congelare per un po’ la nostra etichetta Santeria. L’etichetta, più che un business vero e proprio, è sempre stato un mezzo per non disperdere quanto di buono ci capitava di ascoltare e provare a dare una mano ad artisti che stimiamo, oltre che per le loro capacità artistiche, anche a livello umano. Siamo molto orgogliosi della qualità delle nostre ultime uscite, gli artisti stanno suonando molto dal vivo, speriamo di contribuire concretamente alla crescita di tutti… ci stiamo lasciando un po’ di mesi senza uscire per poter seguire al meglio tutto ciò che abbiamo realizzato tra la fine del 2023 e l’inizio di questo anno.

Qualche vostro titolo in distribuzione che vi sentite di consigliare?

Ahia, questa è durissima! Anche perché siamo cinque soci con gusti musicali molto diversi l’uno dall’altro. Tenete presente che, tutte le settimane, abbiamo in uscita mediamente circa 200 titoli, la memoria inizia a far cilecca e consumiamo talmente tanti ascolti quotidianamente che è difficile buttar giù una lista di titoli da consigliare. Quello che possiamo fare è segnalare una serie di etichette e dischi che ultimamente ci stanno dando molte soddisfazioni, sia a livello lavorativo, sia a livello di piacere personale di ascolto. Tra le etichette ci sentiamo sicuramente di menzionare la International Anthem di Chicago, un faro nella scena jazz mondiale più contaminata, l’inglese Gondwana Records, altra label di recente acquisizione che ci sta stupendo con le sue affascinanti uscite sempre di stampo jazzistico e la belga DEEWEE, nata dalle menti dei fratelli Dewaele (Soulwax): l’amore per l’elettronica, l’attitudine punk e il piacere del dancefloor sono il filo conduttore delle loro release. Altri dischi che sicuramente meritano di essere menzionati sono il recente nuovo album degli Einstürzende Neubauten, “Rampen”, che vede gli inossidabili alfieri dell’industrial tornare ai rumorismi e alle strutture sonore che li hanno fatti conoscere al mondo negli anni ’80, il fresco vincitore di un Grammy® Award “Goddes” di Laufey, il nuovo album dei Dandy Warhols “Rockmaker” e “Olustee” l’ultimo di JJ Grey & Mofo, già un classico per quanto riguarda le sonorità southern con inflessioni soul. Dal nostro reparto export ci segnalano il terzo album dei Lebanon Hannover, uscito ormai da dieci anni nei quali è stato costantemente nella nostra top ten dei dischi più venduti e addirittura il primo, lo scorso anno nel decennale dall’uscita.

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