Secondo gli ultimi dati di ACI, le vetture circolanti in Italia nel 2022 ammontavano a oltre 40 milioni a fronte di una popolazione di quasi 59 milioni di persone, con 672 automobili ogni 1000 abitanti.

Per quanto riguarda il Comune di Firenze invece, gli ultimi numeri risalgono al 2021, con un parco auto totale di 756 vetture ogni 1000 abitanti. Le città italiane sono a misura d’auto e a confermarlo non sono soltanto i dati ma anche le trasformazioni che, nell’ultimo secolo, hanno investito usi e funzioni delle strade. Prima della diffusione di massa delle automobili, il ruolo della strada era quello di offrire uno spazio pubblico polifunzionale, orientato a ospitare l’interazione sociale, il gioco e il commercio.

Negli anni Venti, questa pluralità di impieghi inizia a consumarsi in favore di un nuovo paradigma che relega le vie cittadine all’esercizio quasi esclusivo della mobilità e del trasporto urbano. In una puntata del podcast Città di Will Media, Luca Bertolini – docente di pianificazione urbana all’Università di Amsterdam – segnala l’esistenza del termine jaywalking, con il quale identifichiamo l’attraversamento della strada senza l’utilizzo delle strisce pedonali, un’azione considerata irresponsabile ma la cui storia di illegittimità è molto recente. Eppure, ancor più delle piazze e delle aree verdi urbane, sono proprio le vie a rappresentare quel centro nevralgico di incontri e scambi che partecipano alla routine di cittadini e cittadine.

Ad avvertire maggiormente l’erosione di questi luoghi del quotidiano e l’affermarsi di una visione della città car-centric, sono le periferie: lontane dai centri storici, le zone marginali sono raramente provviste di aree pedonali con gravi ripercussioni in termini di congestione del traffico, consumo di suolo, inquinamento e minori occasioni di socializzazione.

Alcune città europee hanno invece esplorato nuovi disegni di gestione delle strade: è il caso dei Superblocchi di Barcellona o dei quartieri car free di Vienna. Le esperienze di valorizzazione della pedonabilità, permanenti o temporanee che siano, ci permettono di prefigurare modi alternativi per generare accessibilità. Quali sono quindi gli scenari futuribili per le città italiane? Cosa immaginiamo per Firenze e per la sua area metropolitana?