Annalisa Savino, la dirigente del Liceo Da Vinci, è salita, forse suo malgrado, alla ribalta della cronaca (e non solo) dopo la circolare trasmessa ai suoi studenti, lo scorso 21 febbraio, anch’essa divenuta popolarissima. Forzeremmo quasi il termine “virale”. Lì si richiamavano sia le origini tutt’altro che plateali del fascismo – «il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone» – sia le parole di Gramsci, ovvero «odio gli indifferenti».

Parole pesanti, ma ineccepibili. E la stessa Professoressa ha letteralmente indossato quelle parole, seppur parafrasate. Lo ha fatto durante la manifestazione antifascista di sabato 4 marzo, quando è apparsa nel corteo partito da Piazza SS. Annunziata e terminato in Piazza S. Croce, per fortuna assieme a molte altre istituzioni, sindacati, associazioni di volontariato, collettivi, partiti e tutto quanto insomma si dichiara parte attiva dell’antifascismo, quindi rispettoso della Costituzione, quindi – in qualche modo – figlia o figlio della Resistenza. La stessa che ci apprestiamo a festeggiare il prossimo 25 aprile, sperando (debolmente per la verità) che sia una celebrazione condivisa. L’abbiamo chiamata qualche giorno fa, ci ha risposto cordialmente che in questo momento è particolarmente oberata, non la biasimiamo, e che vorrebbe riprendere il prima possibile il proprio lavoro, ma le abbiamo comunque strappato una promessa di cui faremo tesoro (“non vi dico di no”).

Abbiamo preferito non insistere perché conosciamo, come ormai quasi tutta Italia, quali reazioni e quali possibili conseguenze abbiano generato le parole scritte in quella circolare (e che ci asteniamo dal commentare). Ma occorre invece spiegare il perché di quella telefonata. Quella telefonata non voleva cavalcare l’onda del momento, semmai partire da lì per affrontare un tema vero: la didattica della Resistenza.

Didattica nel senso vero, di metodo, cioè trasferire nei discenti la capacità di attualizzare le forme e i contenuti di ciò che la Storia può insegnarci. Perché facendo qualche sforzo nel merito possiamo tutti essere d’accordo sul fatto che i fascisti erano cattivi e i partigiani buoni. Possiamo persino essere d’accordo che i fascisti non erano tutti cattivi e che i partigiani non erano tutti buoni, ma oggi? Il pubblico di Lungarno – al contrario di chi scrive – è infatti un pubblico sostanzialmente giovane, che a Firenze cerca un’offerta culturale, artistica, multidisciplinare, distensiva, che quindi deve garantire autenticità, attaccamento alla tradizione e soprattutto originalità creativa.

In una parola? Libertà. Crediamo quindi che occorra educare alla Libertà, alla sua comprensione, alla sua conquista e alla sua preservazione, in tutti i gradi dell’istruzione. In particolare in quello secondario di un liceo molto importante del capoluogo. E in questo siamo sicuri di trovare nella Professoressa Savino come in tante altre sue colleghe e tanti altri suoi colleghi una sponda solida. Una Libertà coerente, tra pensiero ed espressione, come stabilito dall’Art. 11 della Costituzione. Crediamo inoltre, non siamo né i primi né i soli, che siano la Resistenza e la Costituzione che l’ha seguita fondamenti di educazione alla Libertà; che la Resistenza vada conosciuta per quello che è stata e per come e perché è nata. Crediamo che Firenze sia stata e debba continuare a essere in questo protagonista ed esempio. Ecco allora la domanda che ci ripromettiamo di fare alla Professoressa Savino, convinti che questa volta dirà di sì: “Come si educa alla Libertà, come si programma una didattica della Resistenza?”. Ci piacerebbe chiederle quali sono i feedback che ha raccolto dai suoi studenti, dai genitori degli studenti, forse qualcuno dei tanti in piazza, anche loro, lo scorso 4 marzo. Nel frattempo non possiamo che augurarle di riprendere il lavoro al meglio che può, libera, per rimanere in tema, da pressioni che poco riguardano i compiti che è chiamata a svolgere. Buon 25 Aprile.

 

In copertina: illustrazione di Alect