Il muro come spazio relazionale, come luogo di separazione, come opportunità di resistenza. GAP Graffiti Art in Prison nasce dalla collaborazione tra contesto universitario e complessi penitenziari per indagare i graffiti e il muralismo all’interno dei luoghi di reclusione e detenzione. Il progetto intende promuovere un modello di ricerca sperimentale e interdisciplinare, articolato in sei settimane di studio e workshop svolti insieme ad artisti, docenti, studiosi esperti e detenuti.
L’ultima settimana di questo progetto triennale (2020-2023) si terrà presso il Kunsthistorisches Institut di Firenze dal 27 marzo all’1 aprile 2023, con un fitto programma didattico dedicato ai graffiti come modalità di espressione e resistenza degli ambienti carcerari.
Tra le questioni approfondite dai dottorandi, ne emerge una particolarmente significativa: il segno sul muro può trasformarsi in un nuovo approccio educativo per i detenuti? Secondo Graffiti Art in Prison, le carceri rappresentano un ambiente potenzialmente rigenerabile, una nuova opportunità per la gestione del patrimonio culturale che passa attraverso il ripensamento di questi luoghi come spazi dedicati ai linguaggi dell’arte contemporanea.
Tra gli oggetti di indagine della settimana di seminari fiorentina c’è dunque l’ex carcere de Le Murate, ma anche il rapporto tra dipinti murali storici e contemporanei, fino all’eredità storica dello “sgraffito” sulle facciate dei palazzi della città. Scritti, disegni e dipinti sulle pareti delle celle vengono così rivalutati per il loro valore artistico e antropologico, nel tentativo di liberare l’ambiente carcerario dall’ombra dell’occultamento e dell’invisibilità.
Crediti foto: Sharon Nathan