Venerdì 3 febbraio uscirà “10”, coronamento di dieci anni di attività del progetto del produttore, sound designer e polistrumentista fiorentino Francesco Perissi XO, che verrà presentato live lo stesso giorno al Monsters A-Live Club di Prato. Nella piacevole chiacchierata si parla anche di una nuova “super band” che promette molto bene.

Come è nata l’idea di fare un album di remix?

Devo ringraziare la label Blame che coproduce l’album insieme alla mia label GUELFO. Questi cari amici che hanno creduto nel progetto XO sin dagli albori hanno radici che affondano nel clubbing e nell’EBM, dove all’ordine del giorno si fanno collaborazioni e remix tra vari produttori, e da tempo avevano in cantiere il progetto per dei miei brani. Devo ammettere con onestà che inizialmente ero un po’ restio all’idea, non fosse che per me il suono della parola remix mi faceva sentire odore di Gigidag o Gabry Ponte o altre cose rispettosamente notevoli ma abbastanza distanti, o anche perché spesso proporre remix risulta essere mera strategia di marketing. Invece sono stato trascinato in un mondo molto stimolante, dove mi sono cimentato anche in qualità di remixer, e il risultato sonoro dei musicisti coinvolti è veramente strabiliante. Poi aprendo a caso l’hard disk ho notato che il primo brano mai composto di XO risale al 2012 (X01, presente in questo album) e ci sembrava un’ottima idea per festeggiare questi 10 anni di musica… quando il momento è propizio i pezzi combaciano sempre.


Insieme agli otto remix ci sono due tracce inedite, tra cui una in italiano. È stato difficile cimentarsi con la nostra lingua?

Guarda, mentre mi fai questa domanda sento il sapore di un cazzottone che affonda nelle viscere a esemplificare la fatica immane e anche il coraggio che ho sopportato per perseguire questa scelta.

Ho sempre digerito malissimo l’italiano cantato nella musica moderna, e non credo sia un caso si sia fermato al belcanto nella lirica o alla tradizione cantautorale, insomma il rock suona bene inglese. Poi ho pensato che avevo bisogno di sentire il significato delle parole, che alcune cose del rock italiano in fondo sono interessanti, che sono stanco per emigrare e che tra le pochissime cose belle della musica liquida c’è che, anche in caso di fumata nera, scorre via veloce. A volte mi sveglio ancora in preda agli incubi cantati in italiano, ma insomma mi farete sapere voi che ne pensate.


Tra i nomi fighissimi dei tuoi remix spicca quello di Justin Broadrick (Napalm Death, Godflesh, Jesu, tra gli altri). Come sei riuscito a coinvolgerlo nel progetto?

Con l’ingenuità infantile che mi sembra di aver capito funzioni in questi casi. Ho pensato a qualcuno di cui avessi una stima immane come musicista e dal quale avessi preso tanto nelle mie cose, ma che non fosse una star hollywoodiana inarrivabile. Ho pensato che non avessi nulla da perdere se non un’ennesima delusione e ho cercato la sua label. Ho scritto una mail raccontando del progetto e mi ha risposto celere JK entusiasta della mia musica e della release. Oltre a rimarcare il fatto che i veri dèi sono quelli più simili agli esseri umani, ci sono stati diversi scambi di mail, addirittura abbiamo preso entrambi il Covid in tempi ravvicinati e ci siamo confortati a vicenda dato il momento non facile. Il suo remix di wordless, oltre a essere a mio avviso un pezzo bellissimo, è un brano al quale sono molto legato per le sensazioni che mi ha regalato la prima volta che l’ho sentito in anteprima: brividi.

Un percorso musicale che ti ha visto transitare da sonorità metal/rumorose verso territori ambient/sperimentali. Quali mondi stai scegliendo per il tuo prossimo viaggio?

Sono una persona che si annoia velocemente e soprattutto sono veramente oppositivo a tutto quello che diventa per questo o quell’altro motivo moda del momento. Sono anche abbastanza stanco delle separazioni di genere tra musica colta o popolare o sperimentale o di mercato. Con il tempo che passa sono sempre di più alla ricerca di qualcosa che mi faccia sentire elettricità, dove e come ho smesso di chiedermelo, e non è facilissimo dato i miei trascorsi da estremista, ma quando ci riesco funziona maledettamente bene. Per darti una risposta più specifica ti direi voce, testi, ricorsività, pancia, alea controllata, elettronica con gli strumenti: spero abbia un nome questo mondo.


Gira voce di un nuovo progetto che ti vede protagonista insieme a nomi noti della Scena fiorentina. Ci fai uno spoilerone a riguardo? 

Non sai quanto sono contento della domanda, perché questo nuovo trio, da essere immaginato come un diversivo punk per non accettare gli anni che passano e inventarsi qualcosa di alternativo rispetto alle disquisizioni, a volte apocalittiche, davanti a una birretta, è adesso un progetto musicale di nome CORDA. Dove con il basso di Andrea Cuccaro e la batteria di Martino Lega insieme alla mia chitarra e voce ricerchiamo quella sensazione amarcord di movimento addominale tipico del suonare insieme musica rumorosa.

Insomma alla fine è passato troppo tempo dal nostro primo incontro musicale quindi stiamo sbavando per poter condividere questa nostra ultima avventura, e a brevissimo arriverà l’annuncio di una prima data (data 0 come la chiamiamo noi) in zona Firenze, per capire se questa cosa l’abbiamo solo sognata o sta succedendo davvero, o forse entrambe.

 

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