Un simbolo della cultura musicale fiorentina

di Giulia Focardi

Approfittiamo di questi mesi di “attesa” per conoscere meglio i protagonisti della scena musicale fiorentina, come Bruno Casini: personaggio di assoluto rilievo del panorama culturale italiano, scrittore, ufficio stampa, operatore e divulgatore culturale.

Marzo 2020 – Aprile 2021: è passato un anno dall’inizio di questo disastro. Come lo hai vissuto?

“Un anno strano, di riflessione in cui tutto il mondo dello spettacolo si è fermato e ancora purtroppo non sappiamo quando riprenderà. Un anno di silenzio e smarrimento, certo dopo 40 anni di attività culturale nella musica e nel teatro, essersi fermato è stato un trauma: sogno la notte di andare ai concerti, quelli oceanici, alla Woodstock per intenderci. In quest’anno mi sono rimboccato le maniche e sto lavorando sul mio archivio mettendo in ordine tutti i materiali accumulati. Un amarcord di quello che ho combinato nella vita, delle avventure musicali e non, e poi spazio alle presentazioni on line dei miei libri, rigorosamente on line”.

Sei stato un protagonista degli anni ’80. Cosa ti manca di quel periodo?

“Ho vissuto in maniera intensa gli anni ‘80, sia sul lavoro ma anche sul piano personale, li ho bruciati, mi sono formato, è stato il mio laboratorio di vita, ma poi ho continuato a fare le stesse cose fino ad oggi, per questo non rimpiango nulla. Mi manca però il ritmo culturale con cui affrontavamo il mondo, l’energia con cui mettevamo in piedi progetti ed eventi pazzeschi non pensando al budget; avevamo voglia di imparare, costruire, lasciare segni sul nostro percorso di vita. Dormivamo pochissimo, anzi niente, la nostra mission era vivere notte e giorno. Nelle nuove generazioni, che stimo e seguo con attenzione, vedo una mancanza di riflessione, approfondimento: i social, le nuove forme comunicative, le nuove tecnologie molto spesso impigriscono le letture, la ricerca, la costruzione di un progetto. Sono utili ma non bisogna farne troppo uso”.

Quali sono i tuoi ricordi più importanti?

“In questo periodo si guarda molto indietro ma si pensa anche al futuro. I ricordi sono tanti, troppi: mi mancano i viaggi in giro per il mondo, mi manca l’Oriente, che ho attraversato negli anni ‘70, dal Marocco all’Afghanistan. Mi manca il clubbing, il nomadismo notturno, le vacanze culturali a Umbria Jazz, le maratone teatrali di Luca Ronconi e di Peter Brook, i festival pop e tutti i “parchi Lambro” a cui ho partecipato, ballare, vedere quattro film in un giorno al cinema. Oggi penso a un nuovo tempo post Covid, penso che dopo la tragedia arrivi la festa, dopo la clausura arrivi una nuova esplosione della nostra vita. Spero di tornare a ballare molto presto!”.