22 luglio 2022, Galleria degli Uffizi: due ragazzi, da molti definiti mitomani, si incollano alla Primavera del Botticelli. I media (e i social) si scatenano, è il battesimo ufficiale di Ultima Generazione, un movimento che da allora (nemmeno un paio di mesi fa) ha fatto talmente tanto parlare di sé da diventare ormai una vera e propria scuola per la nuova (l’ultima) generazione di attivisti ambientali.

Perché? Chi rappresenta l’Ultima Generazione? Cosa vuole?

Michele Giuli è uno dei fondatori, un tipo che non le manda certo a dire: Messaggi semplici e chiari: il capitalismo e la destra capiscono esattamente questo con una comunicazione semplice e immediata. Il problema della sinistra è che crede di essere più intelligente. La lotta non è una cosa per forza di sinistra. Per me è probabile che ci siano spettri conservatori. I valori che usi sono assolutamente l’ultima cosa che conta. La prima cosa che conta è portare al centro le emozioni”.

E perché comunicare così?

Perché non c’è più tempo, qualunque scelta razionale si faccia, qualunque compromesso sarà inutile se non cambiamo paradigma, ridurre le emissioni è un piccolissimo passo, come utilizzare i trasporti pubblici, ma non basta, non possiamo più accontentarci di questa logica politica e demagogica”.

Ma questa strategia “aggressiva” non rischia di esasperare un clima già in tutti i sensi bollente?

“Non stiamo capendo la portata della faccenda. Ogni cambiamento sociale è passato nella storia per motivi più emotivi e semplici, non sempre razionali. Ci vuole uno scontro emotivo all’interno della popolazione. Userei la razionalità, il dialogo, se dovessi convincere il mio coinquilino a farsi ogni tanto una doccia in più o in meno. Adesso però ci faremo male in ogni caso, non serve ridurre i consumi o calmierare le bollette. Passare dai messaggi assolutamente semplici. No gas no carbone. Occorre ingaggiare la popolazione: causare irritazione che genera una conversazione estesa”.

E come si diventa parte del movimento?

“Per partecipare devi partecipare alle riunioni. Si richiede da un paio d’ore al giorno fino al tempo pieno. Al momento siamo su 5/6 città. L’obiettivo è raggiungere 40 città. C’è una sola struttura amministrazione centrale. Non lavoriamo con totale decentramento. Facciamo 3 piani strategici l’anno. Tutte le persone vengono informate sulle strategie. Chi arriva alle azioni ha fatto un percorso nel quale ha sposato obiettivi e strumenti del movimento”.

E come vi sostenete?

“Donazioni senza alcuna richiesta di restituzione di visibilità o sponsor”.

Come vi ponete nei confronti delle altre organizzazioni ambientaliste?

“Quando abbiamo imbrattato il ministero, Greenpeace, WWF e Legambiente ci ha definito violenti. La base ha scioperato contro il direttorato e chiesto più voce. Vediamo quello che succede nelle organizzazioni. Si crea un grosso divario tra il leader e la base e chi decide si occupa solo dei soldi. Quindi occorre mantenere l’enorme costo burocratico. Arrivare al punto di rottura. L’obiettivo è prendere dei rischi. Siamo riusciti ad avere una sufficiente base finanziaria. Il messaggio è chiaro: tra tre mesi non sappiamo se ci siamo ancora e non è comunque continuare a esistere per forza il nostro scopo”.

E qual è?

“Creare una grandissima alleanza di cittadini istituzioni e organizzazioni che entrino in conflitto con lo stato. Lo stato continua a essere il nostro primo e più importante interlocutore, che continua, nonostante le tesi liberiste sostengano il contrario, a contare moltissimo. Difficile che accada a meno che non ci sia uno spazio per una realtà che ogni volta alza il tiro e mantiene alta l’attenzione. La disobbedienza civile non può funzionare senza tutto il “pacchetto”. In occidente dobbiamo riprendere in mano la politica. Occupiamoci di nuovo di politica. È quello che stiamo facendo”.

 

Crediti fotografici: Ultima generazione