di Michele Baldini e Virginia Landi

Febbraio un tempo era il mese della relazione (San Valentino) e della convivialità (Carnevale). Scongiurando per entrambi gli appuntamenti la modalità remota e scongiurando che il nome del mese venga associato alla febbre anziché al suo etimo originario che significa – guarda caso – purificazione (dal latino februus), proponiamo due termini, entrambi anglosassoni che con entrambi i casi – ahinoi – hanno un po’ a che fare. 

Booster /‘bu:stə/, it. /‘buster/ s. ingl. [der. di (to) boost “spingere”]: generalmente qualcosa che spinge, che aumenta la potenza, come le turbine di un missile o la terza dose del vaccino anti-covid. Scooter 50 cc. piuttosto noto e diffuso tra i ’90 e gli anni ’00. Torna in auge nel 2019 grazie al pezzo riempipista della giovane artista trap Anna: “Ci beccavamo nel bando, sopra il Booster. Anna fattura e no, non parlo di buste. Mando tutto io, svuota il freezer, c’è un passaggio assicurato sopra questo diesel”.

Ghosting /gə́wsdɪŋ/ s. m. inv. [dall’inglese ghost]: comportamento di chi interrompe senza spiegazioni una relazione (per lo più sentimentale, ma anche di amicizia o lavorativa) scomparendo e rendendosi irreperibile. No, purtroppo non si tratta del cinefanclub del film cult con Patrick Swayze e Demi Moore ma di una vera e propria tecnica impiegata da alcune tipologie di casi umani. Tra le possibili traduzioni italiane di fare ghosting, se ne possono elencare diverse: dal verbo come fantasmare e fantasmizzarsi (neologismi a tutti gli effetti), alle perifrasi dileguarsi come un fantasmafare come un fantasmadiventare un fantasma e simili, fino al più fantasioso farsi di nebbia, anche se la forma inglese viene percepita come più sintetica e immediata. Ragazz* in campana questo mese e a chi fa “ghosting”, che resti invisibile.