Ripensare il modello di sviluppo a partire da un’eccellenza locale innovativa e non legata al turismo, che ha saputo cambiare la città e la vita in essa per oltre cent’anni. Durante queste miti primavere in zona rossa, possiamo forse fare un paio di chilometri fuori dal perimetro comunale per una scampagnata a Campi Bisenzio. Questa è la storia delle Officine Galileo.
Chi vive a Firenze da meno di dieci anni ne ha probabilmente sentito solo le iniziali in acronimo, dal nome di uno dei locali più noti della tanto mancante musica del vivo: la F.L.O.G., appunto Fondazione dei Lavoratori delle Officine Galileo (risposta a chi si chiede perché si usa il femminile). E che dire del quartiere operaio per eccellenza, l’Isolotto, dove molti residenti e dipendenti si sono raccolti attorno al “prete operaio” Don Mazzi, che fa nascere sull’onda del ’68 un nuovo modo di fare politica, con un rapporto tra chiesa di base e fabbrica, ricco di nuove forme di solidarietà, scioperi e battaglie che coinvolgono tutta la comunità?
Questo Primo Maggio sarà più che mai la Festa dei Lavoratori e il ricordo che li celebra è quello del gennaio 1959. Dopo il licenziamento di 480 operai le Officine sono occupate, nonostante l’annuncio della dirigenza fosse dapprima stato di mandarne a casa 980 su 2350 totali, in seguito a una crisi dovuta essenzialmente al ridimensionamento di commesse belliche.
L’allora sindaco Giorgio La Pira si schiera eccezionalmente con i lavoratori, ma soprattutto è la città di Firenze che aiuta gli scioperanti con coperte, pasti, acqua, oggetti per fare calore davanti ai cancelli e dentro gli stabilimenti: una prova di solidarietà e coesione che si era vista in tempo di guerra e che si ripeterà con l’alluvione di sette anni dopo.
Il 26 gennaio la polizia interviene e sgombera la fabbrica. Gli operai si riversano in centro, seguono scontri in cui è coinvolto e denunciato persino Don Bruno Borghi, “il sacerdote degli oppressi”. La faccenda si chiude con la quasi totale riassunzione dei licenziati e nuovi diritti per gli assunti.
Cosa producono le Officine Galileo? Strumenti ottici, meccanici e di precisione ad alta tecnologia. La fondazione risale al lontano 1862, a opera dell’astronomo e costruttore di strumenti Giovanni Battista Amici, chiamato dal Granduca Leopoldo II con l’incarico di dirigere La Specola e il Museo di Fisica, decise di avviare un’officina che nel 1864 avrebbe assunto il nome di “Officina Galileo”. Con Guglielmo Marconi nel CdA, tra il 1909 e il 1911, viene costruito il primo padiglione produttivo meccanotessile a Rifredi denominato “M”, le Officine Galileo lavorano per tutti i settori chiave dell’industria militare e mercantile, il periodo di maggior fulgore è quello fra le due guerre, grazie alla Regia Marina.
Tra crisi e rinascite che attraversano cent’anni e oltre (e che invito ad approfondire altrove), dal 1° gennaio 2016 è stata fusa ad altre aziende per formare l’entità unitaria Finmeccanica S.p.a. che successivamente ha assunto il nome Leonardo S.p.a. La sonda spaziale Mars Express, lanciata in orbita nel 2003, aveva installato rivelatori di bordo proprio delle Officine Galileo. Divisa in varie sedi e compartimenti sparsi, oggi resta a Campi Bisenzio la Divisione Elettronica Leonardo, ultima “erede legittima”. Adiacente lo stabilimento un magnifico e poco conosciuto museo: il Museo delle Officine Galileo. Di cui – appena possibile – raccomando personalmente la visita. Oltre a una commovente galleria di foto d’epoca, il museo ospita tutte le principali invenzioni e produzioni d’eccellenza di oltre cent’anni di storia.