di Tommaso Chimenti

In questo momento di pausa nazionale teatrale abbiamo intervistato il direttore artistico del Teatrodante Carlo Monni di Campi Bisenzio e del Teatro Jenco di Viareggio, Andrea Bruno Savelli. A lui abbiamo posto alcune domande sul presente e sul futuro del teatro nostrano.

Come hai vissuto la pandemia, il primo lockdown e questa seconda ondata?

«Come tutti ho vissuto sia il primo che il secondo lockdown con enorme angoscia dal punto di vista della salute e professionale. La prima reazione è stata di delusione per la chiusura, ma subito dopo abbiamo capito quanto invece fosse giusto tenere i sipari chiusi per preservare la salute delle persone. Il secondo è stato più faticoso per tutti, perché pensavamo di essercelo messo alle spalle».

Nei tuoi teatri qual è stata l’attività svolta?

«Nei nostri teatri abbiamo cercato di mantenere un filo, un’interlocuzione con i nostri spettatori, di animare continuamente il rapporto andando a esplorare anche linguaggi diversi. Abbiamo realizzato le favole al telefonino come se fossero dei veri e propri piccoli film. Abbiamo lavorato a degli inviti alla lettura, tutte cose semplici mirate ad intrattenere allegramente le persone».

Come speri di ripartire?

«Intanto i Ristori sono fondamentali, più di una riapertura prematura che rischierebbe di trovare i teatri deserti per mancanza di pubblico. Spero di ripartire nella tarda primavera o nell’estate con l’entusiasmo rinnovato dagli spettacoli all’aperto e poter riprendere il filo di un discorso che per noi, sia a Campi che a Viareggio, era molto positivo».

Come vedi la situazione e le sorti del teatro italiano nel 2021?

«Credo che sarebbe potuta essere gestita in maniera migliore e non credo assolutamente all’idea di una piattaforma online per il teatro, forse si sarebbe potuto guardare più i contenuti che i nomi ma, alla fine, in una situazione di totale e sconosciuta emergenza, si poteva fare anche molto peggio».

Che cosa cambierà sulla scena, secondo te, dopo il Covid 19?

«Credo che tutto cambierà perché tutto possa rimanere come prima».

Cosa vorresti programmare quando riapriranno i teatri?

«Il mio sogno più profondo è quello di poter tornare sulle scene quotidianamente, con gli studenti delle scuole, nelle serali esaurite, nei piccoli paesi con i teatri da cinquanta posti e di ricominciare a fare quel nostro meraviglioso sogno chiamato teatro».