Raccontare l’underground con l’immediatezza dell’immagine

Estate 2019, la torrida estate di un anno e mezzo fa, quando ancora il mantra era “che facciamo stasera?” e non “cosa dirà Conte stasera?”.
Mentre Matteo Salvini era intento nella celeberrima svolta del Papeete, a Firenze le Mele Toste, squadra amatoriale femminile di calcio a cinque del Centro Storico Lebowski, festeggiava con altrettanto tenore alcolico il proprio “agognatissimo” ultimo, consueto, posto in classifica.

Non sempre le svolte sono come le abbiamo sognate e se per l’improbabile leader lumbard le cose non sarebbero poi andate benissimo, per Olga e Sara sarà l’occasione per dare vita al Collettivo Fratture, un progetto editoriale che vuole raccontare le storie nascoste del territorio tramite la fotografia e il disegno: “…vogliamo che le storie che raccontiamo non vengano tradotte dal linguaggio cerebrale perché perderebbero parte della magia con cui nascono e, soprattutto, vogliamo restituire e mantenere vivo quel tocco onirico e ironico della realtà”.

Il progetto

Il primo progetto che nasce è inevitabilmente quello legato ai Lebowski, la casa di Olga e Sara. Si vuole raccontare un calcio lontano dalle logiche mercantili, dai valori profondi, dalla goliardia ormai perduta. Ma veniamo all’oggi, Olga e Sara rispondono a un contest di Impact Hub Firenze che si chiama “Sogna Rifredi” e raccontano i desideri e le aspirazioni della periferia con uno stile particolarissimo che fonde la fotografia, con la sua connotazione di iperrealtà, e il disegno che racconta il lato onirico, la speranza, l’afflato idealista: si va da Mirko, artista ventitreenne che sogna una Rifredi con le facciate dei palazzi decorate dagli street artists, a Silvana, una pensionata che sogna di vedere la zona delle Officine Galileo finalmente riqualificata con spazi di aggregazione per giovani e anziani. La periferia è un teatro di storie nascoste quindi se vedete due ragazze armate di obiettivo e matita che si aggirano nei sobborghi dell’hinterland fiorentino significa che potreste essere finiti nelle loro “visioni scomposte”.