Quando ero piccolo si andava sempre al mare in Versilia d’estate e c’era questo posto che forse ve lo ricordate, non so, si chiama Phone Rock ed era divertente perché ci si metteva a sedere, si formavano scie oblique di Acqua di Giò e liquirizia, e da ragazzini ci si sentiva forti come semi-dei, col colletto della polo tirato su, il gel sui capelli a spina e i polsi pieni di chincaglieria colorata, poi si ordinava una coca-cola grande e si aspettava che il telefono, al centro del tavolo, cominciasse a squillare e allora le ragazze si scioglievano in risolini e i maschi gagliardi dicevano parolacce a caso o si accendevano una sigaretta, e poi fra un cioè e un praticamente tutti finivano a limonare sul pattìno del bagnasciuga.
Era intimo e chiaro insieme. Non ho più trovato nulla di simile, dopo, quando l’intimità prende sempre un che di torbido, fra aspettative e retro-pensieri.
Mi chiedevo che estate sarà, quest’estate, per i limoni sui pattìni.
E per i lucidalabbra alla ciliegia. Non so se macchiano il tessuto delle mascherine azzurre. Ho paura che le bocche diventino pastrocchi. E che gli adolescenti perdano pezzi.
Certo io non andavo tanto di moda, a tredici anni, in un posto come quello, etero-centrato. Per fortuna che passavo il tempo insieme alla mia amica Gilda, che tutti chiamavano il piccione, perché del cibo non lasciava nemmeno le briciole. Gilda indossava sempre dei top fluorescenti con la schiena scoperta, i ragazzi le tiravano le pacche sul collo e la canzonavano per i suoi chili di troppo. Lei stava al gioco e seguitava con gli outfit skinny. Oggi è una donna di 35 anni, madre di due bambine, vive a Pordenone e lavora come assistente alla poltrona.
Noi due, al Phone Rock, facevamo i centralinisti. A un certo punto della vita, voglio dirvelo, è stato pure bello smistare tutto quell’amore e quegli ormoni guardandolo da seduti, senza darne giudizi.
Una sera, saranno state quasi le una, tutti si erano ormai appartati sulla battigia, io e Gilda eravamo al quarto giro di Coca-Cola, parlavamo dei Boy-Zone e lei stava scegliendo chi voleva sposare quando il telefono del nostro tavolo squillò, noi ci guardammo increduli, ci voltammo intorno – un paio di ragazzine milanesi, vestite di bianco, che parlavano fitto fitto, qualche tavolo in lontananza ma nessuno con il telefono in mano –. Ricordo, ed è stato bello voglio dirvelo, che a tutte e due ci tremavano le mani mentre lei tirava su la cornetta, era una specie di rivelazione voglio dirvelo, essere visti per ciò che si è, rimanere gli ultimi, solidarizzare in mezzo alle secche e ai fatti bene, era la fine degli anni ’90… a voi sembrerà scontato ma vi assicuro che voleva dire molto.
Era Saverio, un allora ventenne di Sarzana che faceva il fornaio.
Disse che la stava osservando da un po’ e secondo lui Gilda era bellissima. Noi non lo vedevamo ma piena di speranze lei gli rispose che anche lui era bellissimo.
Non tornò più al mare in Versilia, Gilda, dopo quell’anno.
Mi chiedevo che fine faranno, quest’estate, lo stupore e la crudeltà.