Ogni oggetto che usiamo quotidianamente è collegato ad un’azione. Si prendono le chiavi di casa quando si esce, si prende una posata spesso quando si inizia a mangiare, si collega il caricabatterie al cellulare quando è scarico. Oggi l’oggetto che ho usato è la sciarpa della Fiorentina, una sciarpa datata 1984, la prima sciarpa che ho avuto regata da mio padre: un viola stinto, quasi rosa scuro. Nessun problema, è domenica, ed in quanto tale l’oggetto riesce ad avere una sua connotazione spazio temporale.

La Fiorentina però non era a Campo di Marte. Ed io non sono andato ad Udine, città nella quale avrebbe dovuto giocare. Quindi c’è un corto circuito in quello che ho fatto, e lo penso esattamente adesso, di ritorno dallo stadio Franchi. Il corto circuito si chiama morte, è inutile girarci intorno. Davide Astori, il capitano della Fiorentina, è morto stanotte nel sonno.

Ha un senso quello che ho fatto? Si, si chiama senso di appartenenza. È un piccolo gioco, una sorta di scongiuro, che si fa davanti a questa cosa troppo grande per essere compresa. Non voglio fare di queste poche battute un esercizio di stile, men che meno un epitaffio a questo ragazzo di 31 anni. Non sono nemmeno arrabbiato come alcuni sotto l’ingresso della tribuna, che chiedevano “come è possibile”.

Spesso ho sorriso guardando situazioni simili, perché niente o nessuno avrebbe avuto il potere di capovolgere questa cosa. Spesso ho ritenuto fanatici coloro che vegliavano per qualcuno o qualcosa a loro direttamente distante. Beh, mi sbagliavo. Come si sbagliano coloro che reputano il calcio solo uno sport che muove le cosiddette masse, spesso apostrofate con parole piene di superficiale ma, a dir loro, colto acredine. La Fiorentina è Firenze, come lo è il marciapiede sotto casa mia, come lo è la cupola del Brunelleschi, come lo furono Carlo Monni e Vasco Pratolini.

Ed oggi un pezzetto di questa cosa se ne è andato, in una maniera che non è nemmeno pensabile.

Per questo oggi, alle 16 mi son messo la sciarpa al collo ed ho parcheggiato in Viale dei Mille. Per stare insieme a quella Firenze che non si rende conto di come sia stato possibile. Ed anche per augurare un buon viaggio a Davide, che rimarrà per sempre il nostro dodicesimo calciatore in campo.

 

di Riccardo Morandi