pane toscano

Per chi non è nato a Firenze, esiste un momento preciso in cui questa città entra a far parte del tuo vivere: quando, in prima media, apri la Divina Commedia e capisci che 1) Tutti odiano tutti; 2) Le donne se la tirano fino alla morte; 3) Il pane è senza sale (sempre perché odiano tutti, Pisa edition).

Dante immagina nell’oltretomba tutta ma tutta la gente che conosce e li sistema tutti a modo – come se tu mettessi a zappare quel tuo prof. di storia – senza dimenticare nessuno, men che mai il suo primo unico amore Beatrice, che rincorre per tutto questo enorme trip fino a trovarla in Paradiso, dove gli farà da guida. Fossi stata la moglie, ho sempre pensato glie l’avrei bruciata nel camino, motivo per cui provi stellare solidarietà per Gemma Donati, sposa-piano B che gli ha sfornato 3 figli (forse 4) e che in 14.233 versi manco nomina.

Donna ombra che al Sommo Poeta ha fatto trovare il pane sulla tavola ogni giorno, che gli stirava braghe e berretti, che gli sistemava l’alloro in fronte per far sì che tutti i suoi ritratti fossero uguali, permettendogli di passare giornate intere a scrivere in cameretta inseguendo, almeno su carta, l’amor perduto, finché non sopraggiunse l’esilio, di cui si dice che la famiglia di Gemma sia stata complice (e te credo). Un esilio amaro e low carb si evince da “e tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui” (Paradiso, canto VXII) che, Dante, non avresti mai scritto se ti fossi fatto dare da Gemma un barattolino di lievito per professare l’arte del kneading sciocco in giro per il mondo.