“Carmelindo Regna”: sembrerebbe un motto, una dichiarazione d’intenti, un’entusiastica – e forse un po’ enfatica – presa di coscienza; invece si tratta del nome e del cognome riportati sulla carta d’identità del nonno di Giovanni (“me l’ha mostrata, giuro!”), voce e chitarra del trio che risponde a questo nome: Carmelindo. A convincerli è stato il sapore brasiliano del suo suono, che incuriosisce anche gli “autoctoni” e che ci porta direttamente in un’atmosfera dalle suggestioni tropicali.

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I Carmelindo nascono nel 2014, ispirati dalla personalità di Tom Zè (“un pazzo totale. Il Frank Zappa brasiliano!”), del quale proponevano inizialmente uno spettacolo monografico. La loro musica è poi cresciuta in altre direzioni ed è diventata qualcosa che non è “né samba né bossa”, bensì è “outsider dell’outsider”. In una parola: tropicalismo.

Giovanni, Leonardo e Samuele mi spiegano con estrema cura e attenzione lo spirito del progetto: “il nostro modo di affrontare il repertorio brasiliano non è quello del filologo; non siamo brasiliani e lo sappiamo. Ci piace diffondere quello spirito con chi ama la musica in generale”. Definiscono il loro progetto in parte anche punk: come attitudine, come modo di esporre, didissacrare con rispetto”.

carmelindoIl sound si è fatto così un po’ più ruvido, una versione europea di derivazione rock che non tradisce però il rigore ritmico del samba. L’idea portante è quella di trasferire la saudade e l’alegria in un contesto nostrano: un bel contrasto con il nichilismo europeo attraverso la prospettiva tutta sudamericana che vede il problema di ciascuno come collettivo, in una condivisione che è anche consolazione.

Proprio in quest’ordine si inserisce l’idea di riproporre, collaborando con altri musicisti e collettivi, la Roda de Samba, ovvero la consuetudine brasiliana di ritrovarsi attorno a grandi tavolate dove si mangia e si suona tutti insieme: nasce così il Bonde Carmelindo (www.bondecarmelindo.it), che tradotto letteralmente vuol dire tramvai.

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