Cinquanta anni fa non esisteva internet e non c’erano neanche i cellulari eppure migliaia di persone da tutto il mondo si sono riunite a Firenze per aiutare la città a ripulirsi dal fango. Avranno letto i giornali e saputo dell’emergenza via radio e tv, avranno fatto chiamate intercontinentali, si saranno scritti lettere e poi si saranno dati appuntamento qui.
È la disponibilità di mezzi a renderci liberi di muoverci o avere una motivazione? Che cos’è che ci fa sentire davvero coinvolti?
Lo scorso luglio una folla di cinquemila persone si è riversata nella balera del Varlungo: un posto nascosto tra il cavalcavia e i piloni dell’alta tensione, collegato alla viabilità solo da un tratto di strada sterrata. Un luogo inaccessibile, che nessun navigatore sa ben collocare ma che per tre giorni consecutivi si è riempito di vita ad età varie, con musica popolare e liscio, artigianato e design, lotteria e dj set. Un raro cocktail estivo che portava il nome di Florence Folk Festival, realizzato dell’associazione La Scena Muta che nei prossimi mesi, insieme ad Impact Hub Firenze, riproporrà una serie di appuntamenti, concerti e serate; stavolta nella sede di Hub a Rifredi.
Altro posto dove non si capita per caso ma che semmai si ricerca. Altro tentativo perenne di creare una community a partire dai bisogni delle persone e provando a chiedersi non solo cosa serve ma anche cosa è importante.