Sono passati quasi vent’anni e sono ormai pronta a confessare la mia truffa: i libri che la professoressa di lettere assegnava per l’estate li leggeva mia mamma al posto mio.
La verità è che ci suddividevamo i titoli (di solito le rifilavo i romanzi storici e le biografie) e poi ce li raccontavamo. Mi ricordo di serate afose, al tavolo di cucina con le finestre spalancate e le zanzare: mia mamma che passa in rassegna la vita di Artemisia Gentileschi (Anna Banti, ed. Bompiani) oppure che mi fa il riassunto di “Rinascimento privato”, 565 pagine di biografia di Isabella d’Este, marchesa di Mantova (Maria Bellonci, ed. Mondadori). Io che prendo appunti col fantasma della prof sopra la testa.
Mi son ricordata di questi ritrovi carbonari quando ad Impact Hub Firenze ho partecipato a una lettura pubblica organizzata da EDA Servizi, cooperativa fondata e interamente condotta da donne. Le socie di EDA, che normalmente si occupano di gestire biblioteche e spazi culturali, avevano distribuito al pubblico di Hub delle bende per gli occhi.
Al buio, si distinguevano solo le voci degli attori che interpretavano dialoghi e personaggi de “L’armata dei sonnambuli” (Wu Ming, ed. Einaudi) facendoci cadere in una sorta di tranche collettiva. Alla fine è Lisa Innocenti, responsabile sviluppo di EDA, a svelarmi il mistero: “Leggere non significa avere a che fare con i libri, ma con le relazioni che scatenano”. E questo certamente mia mamma lo sapeva.