di Michelle Davis

Alessandro Baronciani, uno degli illustratori e fumettisti più amati della scena indie Italiana.

L’artista pesarese presenterà “I quit girls”, la sua ultima raccolta di illustrazioni tutta al femminile e per l’occasione sarà allestita una mostra con le tavole originali del volume. L’appuntamento ad ingresso gratuito è in collaborazione con Pink Chick, giovane progetto editoriale fiorentino che ha particolare attenzione al fumetto e illustrazione.

Lungarno ha incontrato Alessandro Baronciani, virtualmente, tra aneddoti punk e fiori ermafroditi.

Domanda banale: quali sono le tue maggiori fonti di ispirazione e come ti hanno influenzato?

Me lo chiedo da sempre! Alle superiori mi piacevano Manara e Spiegelman, poi ho conosciuto Davide Toffolo e i fratelli Hernandez, autori del fumetto “Love & Rockets”, tramite i quali ho scoperto le autoproduzioni, la scena punk californiana. Io frequentavo la scena punk italiana, quindi ho deciso di iniziare a produrre dei libri a fumetti per parlare di tutta la scena hardcore di nicchia che mi circondava. Prima di Fastidis – la prima message board hardcore – sapevi tutto tramite posta normale. Io spedivo le mie fanzine e mettevo nella busta anche i flyer di concerti e dischi usciti della mia zona. Era un po’ macchinoso ma era anche una cosa molto gratificante. Adesso c’è molta più informazione ma c’è poca introspezione. Non cerchiamo più di andare a fondo, infilarci sotto la pelle degli altri e tra qualche anno non faremo più piangere nessuno.

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Recentemente Sara Pavan ha pubblicato un volume per la Agenzia X intitolato “Il Potere Sovversivo della Carta” nel quale sei stato coinvolto anche tu. Condividi questa visione della “carta” come mezzo potente di divulgazione?

Quando Sara mi ha parlato del libro non ci credevo, pensavo che non sarebbe servito a niente invece è molto bello e spiega un altro dei concetti cardine dietro l’autoproduzione, cioè che è un modo per provare cose che difficilmente un editore capirebbe. Stampare un libro su come stanno le cinciallegre nei boschi dell’Abruzzo? L’autoproduzione lo rende possibile. Un editore non scommetterebbe mai su qualcosa che non gli garantisce un ritorno. Io ho iniziato facendo fumetti e spedendoli via abbonamento, sperimentando e facendo a modo mio. Ti serve per conoscerti meglio ed offre molte fonti di ispirazione.

Oltre ad essere legato alla scena hardcore punk, i tuoi lavori circolano molto nel mondo pop Italiano, se si pensa a Bugo o ai Perturbazione. Cosa vuol dire per te stare sul crinale tra disegno e musica?

Per me vuol dire divertirsi! Nel periodo in cui ho lavorato con Bugo lui veniva a mangiare spesso da me e si pagava il pranzo suonando la chitarra a tavola. Ai tempi abitavo in un appartamento grande che condividevo con Davide Toffolo e un altro ragazzo che suonava nei Belli Cosi, una punk band di Torino. Ospitavamo i musicisti che passavano per Milano, quindi nel nostro appartamento ha girato quasi tutti la scena Italiana, dai Subsonica al Teatro degli Orrori! Ho sempre lavorato in questi ambienti, creando da manifestini per i concerti a copertine. Poi ho lavorato per tanti anni come art director in un’agenzia pubblicitaria..Devo dire che è bellissimo stare sul crinale, si vedono tante cose da quassù.

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Dopo la tua prima antologia di fumetti del 2013, ora esce la tua prima raccolta di illustrazioni. Vedi queste pubblicazioni come dei punti di arrivo o di partenza?

Boh! (ride, ndr) Quando ho pubblicato la mia prima storia a fumetti, che raccoglieva le mie autoproduzioni in abbonamento, ero contentissimo ma la verità è che i libri non sono belli se si stampano: sono belli se si ristampano! Acquisiscono un valore diverso, hai la prova che sono piaciuti sul serio. Direi che più di un punto di arrivo, “I Quit Girls” rappresenta un progetto speciale perché l’ho realizzato con Modo Infoshop, libreria storica di Bologna, e con Zooo, dietro il quale sta il mio amico paper resistance, con cui collaboro sin dalle mie prime autoproduzioni. La cosa bella del fare il book tour è incontrare altri che creano e producono. Hanno i tuoi stessi riferimenti, cosa che ti fa sentire meno solo e meno pirla. Oggi sono andato a tagliarmi i capelli e ho chiesto alla parrucchiera se mi faceva una tinta nera à la Nick Cave e lei mi ha guardato storto. Alla fine sono tornato a casa con un’acconciatura tipo Nick Kamen, il pupillo di Madonna. Momenti di scambio come i book tour servono per trovare delle persone che capiscano cosa voglia dire tingersi i capelli come Nick Cave.

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“I Quit Girls” è per tua definizione, un libro di sole ragazze e di ragazze sole. Le tue protagoniste nascondono qualcosa dietro l’apparente solitudine?

Avevo in testa il titolo “I Quit Girls” da quando ho sentito la cover dei Be Forest, quasi più bella della versione originale dei Japandroids. Questo titolo è rispuntato fuori quando parlavo con Paper Resistance dell’idea di fare una raccolta. Lui mi ha detto di fare un libro di sole ragazze, io ho pensato “No, basta ragazze, voglio smettere di disegnarle” ma poi ho voluto usare questo titolo in modo ironico.

Per quanto riguarda la solitudine che sprigionano, la loro stranezza devo dire che vi ho sempre viste così. Hai presente il libro “Gli Uomini Vengono da Marte, le Donne da Venere”? Vi ho sempre viste come parte di un altro mondo. Sto leggendo un libro su come sono fatti i fiori, ed è incredibile! Nel caso delle angiosperme ad esempio, strobili maschili e femminili si trovano nello stesso albero! Addirittura, alcuni fiori sono ermafroditi e si riproducono da soli. Forse loro hanno un’idea onnicomprensiva dell’universo ma io ne ho soltanto la metà, forse l’altra ce l’avete voi. Più che sole, per me siete misteriose.