Per raccontare una scuola come il Marco Polo ci vorrebbero tutte e 32 le pagine di questo giornale. Meglio lasciare la parola alle sue componenti cardine, che riferiscono degli aspetti più innovativi della sua pedagogia.

 Iniziamo con il Dirigente Ludovico Arte, che ha fondato i suoi 13 anni di lavoro su un profondo rinnovo degli spazi.

«La scuola era un vecchio prefabbricato bianco con fasce celestine, ospedaliero. Avevo in mente i modelli del nord Europa: se vuoi innovare devi passare da una casa brutta a una casa più bella. Il setting cambia automaticamente il clima, le relazioni, la didattica. Mi sono affidato ad architetti, scenografi e street artist per realizzare un’idea di scuola. Il primo intervento è stato l’aula Liberamente: uno spazio bianco perché colorabile con le luci a led. Ci sono poi cento sedie rosse appese alla parete. L’effetto è scenografico ma soprattutto lascia l’aula vuota, magari per un laboratorio teatrale. A parete ci sono anche i tavoli, divisi in piani e gambe in modo da poterli assemblare in base all’uso. Vuol dire che la scuola non è imposta dall’alto. Lo spazio ti consente delle possibilità, poi si fanno insieme, insegnanti e studenti, dal basso. Questa storia si è poi sviluppata fino a ridipingere la scuola. Anziché la ditta edile, abbiamo chiamato degli street artist: EDF Crew per pareti esterne, bagni e corridoi; Peeta per l’aula studenti e le pareti che si affacciano all’interno. Alcuni scenografi hanno lavorato all’aula docenti, tutta declinata secondo il tema del viaggio, e alla “nave dei migranti”, un’aula all’aperto con la vela a spirale fatta di tessuti di vari paesi africani. Sulla barca ci si inventa un altro modo di stare insieme».

A proposito di viaggi, chiediamo a Lorenzo, Samuele e Lara di 5D una riflessione su quelli svolti in questi anni e sulla loro recente esperienza in Cina.

La: «Questa scuola fa viaggi all’estero su tutto il triennio, è fortemente orientata sulle lingue. Rende visibili molti bandi Erasmus e offre occasioni di tirocinio in strutture ricettive di altri paesi. Ci sono anche contributi per gli studenti con reddito più basso. A noi sembra scontato fare “la gita”, ma in realtà non lo è in molti altri istituti».

S: «Incentivando le esperienze in famiglie straniere, la scuola ci vede lungo. Mi ha aperto gli occhi dal punto di vista personale, ponendomi faccia a faccia con l’altra parte del mondo e con contesti culturali e politici completamente diversi».

Lo: «In particolare in Cina abbiamo fatto un’esperienza umana. Eravamo ospiti presso la facoltà di medicina di Chongqing che per noi ha organizzato corsi di lingua e cultura. Abbiamo assistito a lezioni di medicina tradizionale cinese e siamo stati in un ospedale per vedere le differenze con il nostro approccio: lì esistono entrambi i reparti. I viaggi fanno una grande pubblicità al Marco Polo!».

S: «Siamo stati anche in un liceo e abbiamo parlato della pressione scolastica in Cina. Ad esempio, prima dell’esame finale può capitare che la polizia ti scriva per raccomandarti di non comprare presunti test già svolti. E il risultato dell’esame ti dà accesso o meno a determinate università. Non esiste il concetto di bocciatura: insegnano ad essere bravi in tutto».

La: «Tutte le “gite” dovrebbero essere così: è una sfida, ti immedesimi, impari le tradizioni delle persone del posto».

Laura Croce insegna lettere. Da direttrice artistica di Murmuris organizza al Marco Polo School for Future, un festival di arte, politica e cittadinanza.

«I rapporti tra Murmuris e la scuola iniziano anni fa, con i percorsi di guida alla visione degli spettacoli e i debate teatrali conclusivi organizzati con le classi della prof. Carpinteri. Poi sono entrata anch’io al Marco Polo e si è proseguito, potendo contare su una concentrazione di persone che hanno voglia di prendersi questo tipo di responsabilità. È diventato anche un percorso PCTO (ex alternanza scuola-lavoro) orientato ai mestieri del teatro. Dal 2020 esiste School for Future, un festival pensato insieme agli studenti ma aperto a tutta la città. Quest’anno ha visto una settimana di laboratori coordinati con la scuola e una con eventi serali (c’erano Gaia Nanni, la compagnia fiorentina Sotterraneo e altri). C’è stata un’ottima risposta della cittadinanza al di là della scuola. È un modo di incrociare i pubblici: chi viene per Sotterraneo, curiosando scopre altre cose. E all’inverso, la famiglia che non andrebbe mai a teatro accompagna il figlio a un laboratorio e trova uno spettacolo».

Anna Becattini (personale di portineria) e Concetta Maggio (assistente amministrativa) ci raccontano i “weekend del Marco Polo”.

A: «Negli anni ho partecipato a tre weekend. Uno era un evento con più scuole, ma solo il Marco Polo partecipava anche con la componente del personale ATA. Poi all’isola della Gorgona per uno spettacolo teatrale dei detenuti e l’ultimo quest’anno a Suvignano: abbiamo realizzato coperte per persone senza fissa dimora. In questi weekend non ci sono i ruoli, siamo tutti sullo stesso piano: se c’è da pulire un piatto non ci va il collaboratore scolastico necessariamente. Poi offrono occasioni che non ti capiterebbero facilmente: la scuola ti mette nelle giuste condizioni».

C: «Sono esperienze formative a tutto tondo, non rivolte alla dipendente amministrativa ma alla persona. Per me sono stati anche un modo per entrare in contatto con i colleghi con cui avrei lavorato, la situazione giusta per approfondire i rapporti personali. C’è attenzione verso il fare squadra: un motivo per chiedere il trasferimento qui».

 

Crediti foto: Irene Tempestini