Balangero è un piccolo paese non lontano da Torino. A meno di un’ora è possibile raggiungere l’Amiantifera di San Vittore, la “fu” più grande cava di amianto d’Europa. In La montagna magica, opera audiovisiva di Micol Roubini presente alla Strozzina dal 14 al 19 novembre, assistiamo alla proiezione in quattro canali dei lavori di bonifica dell’area e degli studi che si conducono da 30 anni sul tasso di tossicità del territorio, unito al ripopolamento animale e vegetale. I video presenti in sala sono in loop, indipendenti l’uno dall’altro per durata; per questo motivo, ogni volta che si ripetono, l’ordine di fatti ed eventi al loro interno è sfasato, in una continua ricerca di nuove associazioni. La registrazione è stata fatta in pellicola super 16, per poter mantenere uno stato di granularità tale che, nel girato, permette di riflettere sulla granulosità del territorio.
La bonifica dell’Amiantifera di San Vittore
Roubini, artista e regista milanese, incentra la sua ricerca nella realizzazione di progetti site-specific: memoria e oralità, territori marginali e loro antropizzazione, elementi di transizione e conflitto definiti dallo scorrere del tempo. Quanto possiamo osservare all’interno di questo spazio è frutto di un lavoro durato tre anni. Le cave sono un luogo di difficile avvicinamento. Sono stati piantati alberi e vegetazione e si studia la composizione di queste enormi montagne di amianto. Tuttavia, commenta l’artista, ormai sono passati talmente tanti anni che chi arriva in prossimità del luogo non conosce questa storia: la bonifica ha già modificato l’aspetto del territorio. Nello schermo di destra si possono osservare i lavori dell’Università di Torino, a cui l’artista ha assistito. Essi raccontano il minerale amianto: dal microscopio se ne può vedere la composizione; si valuta la sua capacità di sfaldarsi, come si comporta. Si documenta anche ciò che nasce e lo rende innocuo: lo studio della flora della cava ha individuato un lichene che trasforma chimicamente il minerale rendendolo atossico.
La magia dell’amianto tra acqua e fuoco
La storia del luogo si muove in due direzioni opposte e trova un punto di incontro nell’abolizione della lavorazione dell’amianto e chiusura degli impianti negli anni 90. Inizialmente, gli abitanti dei paesi limitrofi traevano vantaggio da questo luogo, scavato fino a creare una conca in cui sono andate a confluire acque che hanno formato un lago in un panorama da cartolina. La roccia, scavata e accumulata ai lati, ha formato un ammasso di gradoni scoscesi di dieci metri, di cui è difficile stabilire le esatte dimensioni, fino a quando non vediamo un piccolo uomo in tuta bianca che si aggira per questi luoghi inospitali. Sullo schermo di sinistra, appaiono immagini di fuoco. La temporalità dell’uomo è paragonata al territorio. Ai primi del ‘900, l’amianto era considerato miracoloso: da esso si ricavano materiali ignifughi. Per provarlo, parte della popolazione veniva convinta a lavorare nel monte tramite la preparazione di roghi in cui venivano buttate persone e animali ricoperti di tessuto di amianto. L’uscita illesa di queste cavie faceva pensare a un materiale magico.
Un’eredità pesante
Tutto ciò pone davanti a un rapporto complesso con il passato. Roubini ha varie domande: «cosa rimarrà della memoria del territorio? Cosa lasciamo alle generazioni future?». James Hutton sosteneva nel XVIII secolo che la nascita dei grandi eventi naturali segue il principio del “tempo profondo”, il protrarsi dei processi naturali in tempi lunghissimi. L’Amiantifera è parte di questo meccanismo, ma non per questo dobbiamo arrenderci all’idea che una bonifica sia impensabile da realizzarsi ampiamente nei prossimi anni. Gli schermi verticali sulla parete centrale mostrano il lavoro di Roubini insieme alla popolazione locale: «Ho indagato in modo antropologico l’inconscio degli abitanti. Ci sono tanti paesi intorno a questa montagna e la sua visione è un quotidiano per loro che viene rimosso per continuare a vivere». Si crea un racconto onirico: i sogni notturni vengono narrati a livello individuale e, successivamente, collettivo attraverso la pratica del Social Dreaming per associazione libera di idee. In questo modo, le visioni si intrecciano, gli abitanti raccontano i sogni degli altri tramite la loro esperienza e si crea un meccanismo di passaggio di storie per via orale, ricreando una distanza. In questo modo, la minacciosa montagna magica dà la possibilità ai suoi abitanti di crescere come testimoni della collettività di cui fanno parte.
Per ulteriori informazioni:
La montagna magica
di Micol Roubini
video installazione
4 canali, super 16mm trasferito in 2K, sonoro, 24’30’’
Lo schermo dell’arte 16° edizione
Palazzo Strozzi, La Strozzina
dal 14 al 19 novembre 2023
Tutti i giorni: 10:00 – 20:00
Giovedì 16 nov. 10:00 – 23:00
Ingresso libero
www.schermodell’arte.org