Il pianista e compositore Simone Graziano sarà il protagonista domenica dell’ultima giornata del Firenze Jazz Festival nella bellissima Sala Vanni di piazza del Carmine, dove presenterà il nuovo album “Embracing the future” da poco uscito sulla mitica Auand Records. Abbiamo incontrato Simone per fargli qualche domanda:
Dopo le esperienze col Trio e con i progetti Frontal e Purple Whales, quale è stata la scintilla che ti ha spinto a registrare il tuo primo album in piano solo?
Era già diverso tempo che suonavo anche come solista e quindi avevo un repertorio esistente da sfruttare, però questo disco non c’entra niente con tutto quello che ho prodotto in questi anni. Questo lavoro nasce durante il secondo lockdown con l’esigenza di trovare un suono alternativo a quello del pianoforte consueto, che fosse specifico di quel momento, che raccontasse la realtà nuova e inedita che stavamo vivendo. La scintilla è stata la condizione in un cui forzatamente ci siamo trovati, in cui ho aperto il pianoforte e ho cominciato a giocare con alcuni oggetti della mia vita quotidiana, inserendoli dentro il pianoforte e modificandone il suono, rendendolo più attutito e ammorbidito, lontano dal suono abituale. Inedita è stata anche la registrazione che ho realizzato mettendo i microfoni molto vicino alle corde in modo tale che potessero amplificare anche i suoi sporchi che ci sono durante un’esecuzione (il rilascio dei martelletti, il piede sul pedale, il grip delle dita sul tasto): suoni che solitamente vengono nascosti e che invece emergono volutamente nella mia registrazione.
Melodie stupende che ti avvolgono e ti emozionano pezzo dopo pezzo. Cos’è che rende “Embracing the future” così speciale?
Penso che il merito di tutto sia il suono unico del piano su cui per la prima volta ho voluto lavorare modificando quella immutabilità che avevo sempre dato come cosa certa. Ho iniziato a interrogarmi sulla possibilità di rompere questa certezza. La cosa speciale è che ogni volta che suono questo strumento modificato io stesso sono incerto rispetto a quello che sta avvenendo, ma devo ammettere che quasi sempre mi stupisce positivamente e il suono che viene prodotto mi soddisfa molto.
Tutte le tracce sono inedite esclusa la celebre “When the party’s over”. Perché una cover di Billie Eilish?
La risposta è molto semplice: Billie Eilish è per me una delle più grandi cantanti viventi e quel brano in particolare è straordinario. La prima volta che ho sentito Billie Eilish mi sono sentito una persona estremamente ignorante perché non ne avevo mai sentito parlare, ma dopo pochissimo ho scoperto che aveva 17 anni e la cosa mi ha rincuorato.
Recentemente Spotify ti ha chiesto di fare una playlist sul jazz italiano. Ci vuoi parlare di questa scena spesso poco conosciuta?
Ho avuto questo incarico da Spotify per fare una playlist che raccontasse il jazz italiano dal mio punto di vista insieme ad altri 11 artisti italiani, ne abbiamo realizzate una per ogni mese. Ho avuto l’onore di poter raccontare l’incredibile spaccato italiano che piace a me, con artisti transgenerazionali uniti dal fil rouge della ricerca sonora, la ricerca di un suono che abbia spesso una matrice composita non necessariamente derivata dalla tradizione del jazz, ma che affonda le radici in tante derive: la musica elettronica, la musica popolare, la musica hip-hop, la musica classica per fare degli esempi. Questo è quello che rende questa playlist omogenea pur nella sua varietà ed è emblematico che stia stupendo gli ascoltatori perché effettivamente molti di questi artisti sono poco conosciuti e generalmente non si pensa che in Italia si possa produrre questo genere di musica, a un livello così alto. E’ stato bello poter raccontare questa realtà e vedere l’entusiasmo con cui il pubblico ha recepito, innescando anche delle collaborazioni di diversa natura che mi coinvolgeranno in futuro. Allargare le possibilità di comunicazione tra generi musicali diversi è stato ancora una volta vincente.
A parte la tua incessante attività di insegnante, cosa stai preparando per il futuro?
Nel mio futuro ci sono come sempre diversi gruppi, come il quartetto di Cristina Zavalloni, il quintetto di Ada Montellanico e il gruppo di Sara Battaglini, tutte cantanti straordinarie con cui ho la fortuna di suonare. All’orizzonte c’è anche un tour europeo in piano solo, ma di questo potremo parlare più avanti, scaramanticamente è meglio aspettare.