di Gianluca Danti

Auditorium Flog, era il lontano 2001. I Verdena erano già in piena ascesa con il loro secondo album Solo un grande sasso che, uscito da appena un mese, aveva già ricevuto pieni consensi dalla critica musicale. I tre bergamaschi erano ancora giovanissimi, ma quel live fu esplosivo e, tra la fila di fari accecanti che illuminava il palco e il pubblico alle prese con improbabili stage diving, rimasi piacevolmente sbigottito anche io, tenero tredicenne cresciuto a pane e seattle sound.

Da quella serata di quindici anni fa i Verdena sono cresciuti in maniera esponenziale, costruendosi una propria identità e un proprio percorso credibile e coerente: cinque album in studio, una miriade di concerti in tutta la penisola con qualche apparizione anche all’estero (Eurosonic, Sziget, Novi Sad), oltre a una reputazione sempre più in crescita, tant’è che ancora oggi sono forse la migliore band rock italiana dell’ultimo decennio.

Quest’anno hanno deciso di pubblicare ancora un doppio disco dal titolo Endkadenz, uscito separatamente a differenza del precedente Wow. Il titolo del disco, scelto dal batterista Luca Ferrari, è ispirato a una foto che raffigura il finale dell’esibizione musicale-teatrale Konzertstück für Pauken und Orchester del compositore Mauricio Kagel, in cui un uomo si schianta dentro un timpano da orchestra dalla membrana di carta. Lo stesso Luca ha dichiarato: «Endkadenz è la cadenza finale, l’ultimo colpo. Ci piaceva l’idea che il nostro disco fosse questo: il colpo finale del concerto. Tutto concentrato lì».

La prima parte del disco è uscita a gennaio, la seconda ad agosto, ma Endkadenz è stato concepito come un album unico, contraddistinto per un ritorno al suono distorto delle origini, tra noise e shoegaze in una perfetta sintesi tra la compattezza pop di Wow e la psichedelia più malata di Requiem.

Giovedì 22 e Venerdì 23 ottobre all’Auditorium Flog, ultime due tappe fiorentine del lunghissimo tour di Endkadenz: l’occasione per testare dal vivo i nuovi pezzi e, magari, godersi qualche classicone. E chissà se in sala ci sarà qualche tredicenne che vedrà per la prima volta i Verdena fremendo all’idea di ascoltare Ho una fissa o Derek. E chissà se i non più giovanissimi bergamaschi avranno la stessa carica di quella serata del 2001. Del resto quindici anni sono tanti per loro e per me, che considero ormai lo stage diving il passo più breve per il CTO.

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