di Carlo Benedetti
– Come hanno chiuso lo YAG? E dove si va?
Lo YAG era in una di quelle vie intorno a Santa Croce, via Delle Conce, Borgo Allegri, via de’ Macci, ma non sapevi mai esattamente in quale e, vergognandoti a chiedere, andavi su e giù in silenzio, incazzato che era la trentesima volta. Entravi e sembrava di stare in autobus: un parallelepipedo scuro, pieno, tutta gente che si divertiva molto più di te e dopo dieci minuti mollavi ogni aspettativa sulla serata.
Bevevi il tuo gin and tonic annacquato e non ci pensavi più. Era strano ora trovarsi lì fuori, tutti insieme davanti a un bandone chiuso (presto un magazzino di giubbotti in finta pelle).
– Venite da me, abito qui dietro.
Ci infilammo in un giardino in via delle Casine protetto da un muro di cinta di quattro metri e poi in un appartamento pieno di quadri, lungo e rettangolare, come un autobus.
– Cazzo è uguale!
Comparvero delle bottiglie, si accese uno stereo, rimasero solo le abat-jour: finalmente qualcuno si baciò. Alle quattro uscimmo fuori, cacciati tutti insieme dal padrone di casa, e ripassammo davanti allo YAG, per nostalgia, trovando due fascistelli che dipingevano una svastica sul bandone. Li menammo allegramente, ridendo, mettendoli in mezzo e solo con le mani, niente calci. Rimarcavamo la nostra superiorità.
Ora li vedi spesso al Piccolo, innamorati, mano nella mano, felici come non mai.
– Dovevate esserci allo YAG – dicevo ogni tanto e loro mi mandavano affanculo, ma con simpatia.
Jonathan Bazzi, Febbre, Fandango Libri, 2019 – 18,50€