Sono passati quattro anni da quell’8 novembre 2016, il giorno in cui il mondo venne sconvolto dall’elezione più inaspettata della storia recente: il multimilionario Donald Trump batte l’accreditatissima Hillary Clinton al grido di “Make America Great Again”. Dopodiché la Brexit, l’Isis e una pandemia hanno fatto sì che il tempo si dilatasse fino a oggi, la vigilia delle elezioni americane.
La poltrona della Casa Bianca appare seriamente in discussione anche perché l’avversario di oggi, Joe Biden, pare essere meno impresentabile della guerrafondaia (uno degli epiteti che le hanno più rivolto, ndr) Hillary e perché il tycoon appare indebolito dalla sua gestione della pandemia e dalla disoccupazione in ascesa. Come se non bastasse Trump contesta aspramente il voto per corrispondenza, fonte di brogli secondo lui, minacciando una transizione non pacifica in caso di sconfitta.
Ma come vive questa importante vigilia la comunità americana che vive a Firenze?
Mary Gray, giornalista, esperta in comunicazione, ricorda ancora limpidamente l’8 novembre 2016: “Quella notte ricordo benissimo i volti scioccati dei commentatori della BBC; ero appena tornata da un evento elettorale alle Cascine dove già serpeggiava il panico tra i democratici. Fu come se la nostra bolla di conforto fosse esplosa all’improvviso. Da quel giorno abbiamo capito che leggere solo il New York Times non fa di te un cittadino necessariamente informato. Io all’epoca lavoravo al The Florentine e ricordo che istituimmo, tra i nostri lettori, una specie di gruppo d’ascolto, al quale parteciparono solamente lettori delusi della Clinton letteralmente disperati”.
Jackie, di Cleveland, vive e lavora a Firenze da sette anni e quando le chiedo come ha vissuto gli ultimi quattro anni di Trump mi risponde senza esitazione: “imbarazzanti!”. Non sopporta la politica migratoria intrapresa dalla sua amministrazione, il modo sprezzante con cui Trump tratta ogni minoranza, strizzando pure l’occhio ai suprematisti bianchi. È “spregevole”, secondo lei, il fatto che l’attuale presidente degli Stati Uniti abbia minimizzato la portata della pandemia, scaricando la responsabilità sugli altri, salvo poi usufruire dell’assistenza sanitaria pagata dai contribuenti per curarsi. È stata rapita da E. Warren durante le primarie ma vota Biden perché è una “scommessa sicura” che rassicura l’elettorato conservatore e ha esperienza.
Carol è di tutt’altro avviso. Vive e lavora a Firenze dal 2005, si sente a casa tra le colline del Chianti e ha votato Trump. Mi racconta che la priorità degli States è la crescita economica, il lavoro. “Il tycoon su questo ha tenuto fede al motto ‘Buy American, Hire American’ (Compra americano, assumi americano, ndr) – racconta Carol – costringendo molte imprese che delocalizzavano a pagare le tasse in America. Biden sarebbe incapace di arrivare alla fine del mandato con una leadership salda. È anziano, perciò sarebbe la sua vice Harris a tenere le fila con il suo approccio radicale, di sinistra. Trump vincerà perché solo pochissimi presidenti non sono stati riconfermati per il secondo mandato”.
Posizioni che da qui appaiono inconciliabili e che si spera non sfocino in tumulti che non renderebbero onore alla più antica democrazia moderna.