Il pendolare è un animale sorprendente, un po’ come il pipistrello o l’otaria. Avete presente l’otaria? Oltre dieci quintali di debordante massa grassa, capaci di passare da simpatici pachidermi a sofisticati centometristi in base al semplice binomio dentro/fuori dall’acqua. Similmente, il pendolare si aggira incerto su ogni sorta di superficie statica; l’espressione circospetta di chi svacca con competenza sui gradini più bassi della catena alimentare. Se tuttavia posto in habitat più congeniali, quali parcheggi scambiatori, treni regionali miracolosamente risparmiati dal capitale (Frecciarossa is the new regionale?) o fermate di autotrasporti su gomma (pendolari aeroportuali, questa rubrica è forse troppo terra terra – aha – per rendere giustizia al miracolo che rappresentate) ecco che si palesa la verità.
Il pendolare conosce fatti che l’uomo comune neanche sospetta. È al corrente di segreti, il pendolare, da sempre interdetti ai viaggiatori occasionali, agli studenti fuori sede, agli imprenditori in trasferta.
Il pendolare sa che il mariuolo non sfila mai il portafoglio dal borsello: ne taglia il fondo col trincetto e te lo lascia così, il borsello, spaccato da parte a parte che pare stia sorridendo. Sa che il principio di ogni pandemia è da individuarsi sui vagoni Trenitalia, e che l’unico vaccino degno si fa a botte di Supradyn compresse. Sa che alla Beyfin la benza costa meno, ma che dopo un tot ci lasci il motore. Sa, il pendolare, che ogni cosa è transitoria, e che la vita ricorda una provinciale in gennaio: un’erta scivolosa cosparsa di minacce, indomabile persino agli autisti della Lazzi. Ci si domanderà in base a quale disegno esistano stranezze tipo otarie e pendolari; conviene invece chiedersi se dopo l’Armageddon vivremo su treni in corsa, come nei kolossal coreani. Le bestie verranno aspirate in cielo, sepolte dalla terra o gelate negli oceani, e noi con loro; e i pendolari del mondo, rimasti al comando, sfrecceranno all’infinito in direzione futuro.