C’è una Venere simbolo della cultura del Belpaese, che è icona del passato rinascimentale di Firenze e che ne determina tutt’ora, a distanza di secoli, la fama e la ricchezza, attirando flussi turistici da tutto il mondo.
C’è poi il suo alter-ego, una Venere cyberpunk, figlia del collettivo Il Mostro e del fermento intellettuale anni Novanta della controcultura fiorentina, sorta in confronto-scontro con tutto ciò che l’altra Venere rappresenta «per rivederne le possibilità, le direzioni, i paradigmi», in un periodo significativo in cui, racconta la film-maker Maria Pecchioli, si iniziava a vivere sulla pelle del tessuto urbano il fagocitamento capitalista ovvero il germe, allora già corrosivo, di quel fenomeno che oggi viene definito come overtourism.

foto: Lorenzo Niccolai
Un patchwork di influenze diverse, come le placche che la compongono, confluiscono nella Venere Biomeccanica: «C’era una forte influenza della cultura techno all’epoca che non era quella trasformata in business o brand commerciale come ormai è diventata», ma era quella, afferma Lorenzo Tripodi, urbanista e film-maker, molto più legata ai movimenti nomadici, alla cultura dei traveller, ai rave che attraversò Firenze in quegli anni.

foto: Irene Tempestini
«Il cantiere era», prosegue Maria «il confluire di tutta una serie di possibilità nello spazio dell’Ex Meccanotessile; dalle proiezioni cinematografiche, alle mostre fotografiche, i dj set e le installazioni. Sostanzialmente riflette in modo concreto la possibilità di stare all’interno di un luogo a generare cultura, arte, sperimentazione e condivisione» e da qui la richiesta di eleggerla a “opera d’arte collettiva”.

foto: Lorenzo Niccolai
«Il sogno sarebbe», afferma Ima de Franceschi di Wish Parade, «avere uno spazio adeguato dove la Venere può trovare una nuova casa e partorire», metafora che sottolinea le potenzialità generatrici dell’opera. «Ognuno in questo momento», afferma Lorenzo, «sta vedendo nella Venere un catalizzatore di idee e progetti» e questo avviene «in un contesto di erosione forte dello spazio sociale che sappiamo procede da decenni e che in qualche modo si stringe sempre di più intorno a situazioni vitali dal punto di vista della cultura alternativa della città».

foto: Lorenzo Niccolai
E dunque oltre a cercare uno spazio per se stessa insieme a Wish Parade, l’opera sta incarnando una serie di battaglie (come ad esempio quella del Collettivo di Fabbrica Gkn), andando a visitare una serie di realtà, riconnettendo luoghi importanti della conflittualità e progettualità sociale e rialimentando il dibattito e il bisogno di ritrovarsi, in maniera totalmente naturale, guidata da un’esigenza che sembra provenire spontaneamente dal territorio.
«Non c’è una proprietà privata intorno alla Venere, non c’è un artista che l’ha generata» spiega Maria. Questo idolo arcaico che dialoga con la contemporaneità è di proprietà della collettività soltanto.
foto di copertina: Irene Tempestini