di Matteo Terzano
Piove spesso in questa prima metà d’autunno 2024. Sebbene non siamo in un romanzo di Beppe Fenoglio, lo stato d’animo generale è lo stesso dei suoi protagonisti, che riverbera cupo sotto la costante pioggia battente. Piove senza sosta su tutta Italia, da Sud a Nord. E allora fiumi straripano, canali esondano, gli argini impotenti si frantumano, fogne e torrenti tombati esplodono e montagne franano a valle.
Pioveva da due giorni ininterrottamente anche la notte tra il 3 e il 4 novembre del ’66 a Firenze. Chi non ricorda le immagini storiche di Piazza Duomo e Piazza Santa Croce sommerse dalla furia dell’Arno, che rigurgitava un immondo miscuglio limaccioso e melmoso! Si registrarono una portata del fiume pari a 40 volte più grande del normale, onde fino a cinque metri di altezza, 600 mila tonnellate di fango, 35 vittime, danni immensi a edifici e infrastrutture, un inestimabile patrimonio artistico andato perso. Un evento talmente drammatico che commosse tutto il mondo. Migliaia di angeli del fango, provenienti anche dall’estero, si mobilitarono per dare alla storia stessa una lezione di solidarietà che permise alla città di risollevarsi.
Ancora oggi quella violenta alluvione si percepisce passeggiando per il centro e osservando le diverse targhe, sparse sui muri dei vari quartieri, che riportano il livello raggiunto dall’acqua: impressionante quella di Via de’ Neri che misura 4,92 metri. In Santa Croce si superarono i 5 metri e in alcuni punti si possono ancora vedere i segni orizzontali lasciati dall’acqua melmosa che, mista alla nafta delle auto travolte dalla piena, si riversò nei locali del complesso.
L’Arno oggi
A pochi giorni dall’anniversario di quel triste evento la situazione generale del letto del fiume è di gran lunga migliorata rispetto a cinquantotto anni fa. Oltre ai due invasi artificiali del Valdarno Superiore, già presenti al tempo dell’alluvione, nel ’99 fu inaugurata la diga di Bilancino nel Mugello, costruita sia per limitare i rischi alluvionali del maggior affluente dell’Arno, la Sieve, sia per sopperire al fabbisogno idrico del territorio. Inoltre altre casse di espansione sono in progetto di realizzazione nei prossimi anni. L’Autorità di Bacino conferma poi che l’abbassamento delle platee di Ponte Vecchio e Santa Trinita e l’innalzamento delle spallette nel tratto cittadino favoriscono lo smaltimento di portate ben maggiori rispetto al ’66.
Firenze sotterranea
La stessa Autorità di Bacino puntualizza però che alla periferia di Firenze il rischio è senza dubbio aumentato data la progressiva edificazione di vaste zone. E questa edificazione ha coinvolto soprattutto il reticolo dei tributari minori dell’Arno, più precisamente attraverso tombature e strozzature. Il caso più conosciuto, e per questo più monitorato, è quello del torrente Affrico che scorre coperto per quasi 3 km – operazione addirittura risalente agli anni appena successivi alla grande alluvione. Dal monte Ceceri scende il Mensola il quale, dopo il Parco cittadino che porta il suo nome e che funge da preventiva cassa di espansione, prosegue tombato nel suo tratto finale, proprio sotto l’abitato di Rovezzano.
Questi ultimi sono sicuramente i più noti ma in tutto se ne contano una trentina, tra fossi, canali e ruscelli, che circolano sotto le nostre strade e case. Un caso interessante è il fosso San Gervasio che per tutto il suo corso attraversa sotterraneo il quartiere delle Cure, prima di gettarsi nel Mugnone. Completamente coperto anche il fosso dell’Arcovata che passa sotto il quartiere di Statuto e sfocia nel Terzolle. Uno dei fiumi più interrati di Firenze è poi il fosso del Gelsonimo che scorre al di sotto del Galluzzo prima di confluire nella Greve. In sinistra d’Arno invece si segnalano le strozzature di buona parte del fosso di Ricorboli a Gavinana e del Gamberaia che nasce dal Pian dei Giullari e scorre sotto Viale Michelangiolo. Ma anche il Fosso di San Rocco, di cui pochi sono a conoscenza, che in 3 km tombati dal Poggio Imperiale scende lungo le vecchie mura dell’Oltrarno sino al Ponte alla Vittoria. Ignoto e misterioso infine il percorso di due rivi che nascono dalle colline di Marignolle e Bellosguardo e intubati sfociano nella Greve a ridosso di San Bartolo a Cintoia. I residenti di Soffiano e Legnaia già diverse volte in passato hanno subito disagi dovuti ad alcuni allagamenti per la scarsa manutenzione.
Alcuni dei rivi nascosti che formano la Firenze sotterranea e più in generale che coinvolgono tutto il territorio toscano – rivela Gaia Checcucci segretaria dell’Autorità di Bacino intervistata dai microfoni di Controradio – addirittura sono ancora in fase di censimento.
È ormai chiaro che nella sfida del cambiamento climatico, eventi atmosferici eccezionali come quelli del ’66 o di questi ultimi anni saranno sempre più frequenti. L’attenzione ora si deve concentrare sulla mappatura delle reti idriche minori in modo da facilitarne manutenzione e prevenzione, l’unica vera risposta all’emergenza del dissesto idrogeologico.
foto di copertina: OrticaWeb