Una carriera divisa tra il teatro e la sala di doppiaggio, Simone Marzola è un apprezzatissimo professionista fiorentino che ha costruito la sua carriera partendo proprio dalla sua voce. Dall’esordio con il doppiaggio di uno dei personaggi della serie MTV That ’70s Show, alla direzione di alcuni dei più grandi successi attualmente programmati da Netflix (ultimo in ordine cronologico Lo scontro) Simone insegna i segreti del suo lavoro presso la scuola Doppiaggio in Carrozza in Via Gherardo Silvani a Firenze.
Come hai iniziato a fare il doppiatore?
“A 14 anni frequentavo dei corsi di teatro ma da sempre ero affascinato da quelle voci che uscivano dalla TV. Mi sono iscritto a un corso e quando ero all’ultimo anno di liceo ho iniziato con dei piccoli ruoli”.
E l’esperienza come docente?
“La scuola di Doppiaggio in Carrozza è diretta da Mattia Rigatti che tre anni e mezzo fa mi contattò per parlarmi della sua idea di mettere una scuola di doppiaggio dentro la carrozza di un treno abbandonata. L’ho trovata un’iniziativa brillante! Abbiamo iniziato con sei allievi e ora abbiamo nove classi che si riuniscono ogni fine settimana. C’è chi vuole intraprendere un percorso professionale ma la maggior parte sono semplicemente persone che vogliono superare la timidezza, magari in campo professionale o scolastico, migliorando la propria comunicazione. Io raccomando di non giudicarsi e di lasciarsi andare, concentrandosi solo sul suono della propria voce”.
Eliminare l’accento toscano non deve essere facile.
“In realtà partiamo avvantaggiati perché abbiamo una buona dizione, semmai c’è da togliere quella specie di cantilena che tutti noi toscani tendiamo a mettere in atto quando parliamo. Ultimamente ci sono ottimi doppiatori toscani, come Benedetta Degli Innocenti che è la voce di Lady Gaga. Lo scoglio più grande semmai è la distanza da Roma e da Milano”.
Come cambia l’approccio al doppiaggio di lingue di cui non si conosce nemmeno una parola, come ad esempio succede con le serie coreane che ora sono di gran moda?
“L’ho sperimentato con uno dei miei primissimi lavori per Netflix: la direzione del doppiaggio di un drama coreano intitolato Love Alarm per cui io ho cercato di attenermi il più possibile al significato di ciò che gli attori comunicavano nei dialoghi. Un buon doppiatore deve essere empatico e capire i sentimenti del personaggio a cui sta prestando la voce.
Probabilmente suonerà strano detto proprio da me, ma ritengo che la voce di un attore sia imprescindibile per rendersi conto della sua performance. Il nostro compito non è di sostituirci ma di rendere l’esperienza della visione il più godibile possibile senza il fastidio dei sottotitoli”.
Qualche mese fa c’è stato uno sciopero dei doppiatori di cui si è molto parlato.
“Era nato con lo scopo di rinnovare un contratto (scaduto) che negli anni non si è mai adeguato a inflazione e a cambiamenti. L’altra grossa problematica, che personalmente ritengo la più preoccupante, riguarda una tutela che protegga la nostra voce da campionature operate da intelligenze artificiali. Spesso dei colleghi si sono ascoltati in spot in rete che non avevano mai fatto. Per ora la cosa è ferma a questi episodi ma la paura è che in futuro il doppiaggio umano venga soppiantato da quello artificiale, una minaccia che non è affatto fantascientifica. Non si è arrivati ancora a nulla anche se ci sono in corso delle trattative”.
foto di copertina: di Leonardo Casalini