di Viola Niccoli

«Dove va l’umanità?» chiese Edgar Snow a Mao Zedong. Questi rispose «Boh».
Il regista fiorentino Bartolomeo Pampaloni si pone la stessa domanda: «Dove stiamo correndo tutti? Per quale idea di felicità ci battiamo?»
“Lassù”, il suo documentario del 2022, cerca una risposta (e ne trova una più interessante e articolata di quella di Mao).

Nel vecchio faro di Capo Gallo da venticinque anni abita, orat et laborat Isravele (al secolo Antonino detto Nino), ex muratore di Brancaccio, adesso eremita sul Monte Pellegrino.
Vive lassù, da solo, in un altrove ai margini del mondo. Mentre quaggiù, alle falde del monte, dominano un centro commerciale e l’abusivismo edilizio.

Giorno dopo giorno, senza scadenza, senza fretta, riempie le superfici del faro (adibito ora a tempio) di colorati mosaici, simbolo della dicotomia tra alto e basso, tra lassù e quaggiù: per realizzarli Isravele raccoglie i sassolini e le pietre dal fondo del mare e li porta sulla cima della montagna.
Un’elevazione materiale che porta a un’elevazione spirituale: questi mosaici non sono una mera opera d’arte, sono una preghiera per l’umanità.

 

E parte di questa umanità ha sentito parlare di Isravele e, affascinata, si è recata a trovarlo. A questo eremita contemporaneo accade così ciò che già aveva paradossalmente caratterizzato gli eremiti dei primi anni del cristianesimo: coloro che volevano rifuggire il secolo, diventavano invece un polo di attrazione per la popolazione circostante.

E quando un curioso gli chiede il motivo per cui sta facendo tutto questo, Isravele risponde «io non lo faccio per nessuno». Non lo fa per gli altri, non lo fa per se stesso. E non gli importa neanche dell’esistenza o meno di quel luogo: afferma che, per quanto lo riguarda, una volta finito il lavoro potrebbe anche arrivare un terremoto a distruggere tutto. Un qualcosa che sembra incomprensibile, ma che tuttavia mi pare abbia tanto a che fare con quel sentimento di piacere – di cui parlava Kant – che si prova davanti al bello: un piacere disinteressato.

In tutte le azioni che Isravele compie o non compie è guidato dall’energia di Dio. È la fede la compagna di quest’uomo, che si è circondato di un proprio gregge in ceramica e di tante stilizzazioni dell’arcangelo Michele.

Dio è luce che sconfigge le tenebre. Ma nelle notti della nostra contemporaneità le fonti di luce che illuminano il volto delle persone (perfino di un bambino nel passeggino) sono gli schermi dei cellulari. Nel mondo quaggiù c’è una nuova religione: la tecnologia.

 

Lassù è un documentario pregno di significati, come i mosaici che Isravele compone finemente. «È un film che parla di noi, della nostra contemporaneità, tramite uno specchio: Isravele» (il cui stesso nome, se riflesso in uno specchio, svela il fine della sua missione).

Un’opera che racchiude più livelli di analisi e tante tematiche: l’eremitismo contemporaneo, la solitudine e il rapporto con gli altri; la forza della fede; l’arte e la bellezza; la riappropriazione degli spazi e del tempo. È mostrato un modello di vita alternativo – così distante dalle regole delle nostre società occidentali – che induce lo spettatore a riflettere sul proprio. «È venuto il tempo di distruggere coloro che distruggono la terra», recitano dei versi dell’Apocalisse in apertura al film. Quindi, per tornare alla domanda iniziale: dove va l’umanità? A noi l’ardua sentenza.

 

 

 

Per maggiori informazioni:

Bartolomeo Pampaloni Director Photographer Editor Creative Documentary Cinema

GraffitiDOC

https://m.facebook.com/lassuilfilm