“A Marsiglia ho vissuto e lavorato per 4 anni, a Firenze, in Sant’Ambrogio, soltanto un mese” tiene a precisare – anche se non sembra – Ilaria Turba, autrice della bellissima mostra al MAD, dal titolo Le simmetrie dei desideri, curata da Giorgio Bacci e Valentina Gensini. 

Un’indagine che comincia nei quartieri periferici a nord di Marsiglia, dove l’artista ha stabilito un contatto con gli abitanti del luogo realizzando – insieme a loro – una collezione di “pani del desiderio”: pani rituali cotti in un forno tradizionale algerino in terra e paglia costruito dagli abitanti del quartiere con dell’argilla locale, collegati ciascuno al desiderio di chi lo ha plasmato e realizzato, raccolti poi in una mostra al Mucem – Museo delle Civiltà dell’Europa e del Mediterraneo nell’estate 2021 in Francia. Alla base di tutto? Il desiderio. 

simmetria del desiderio

Bene, ma quali sono invece le simmetrie tra una città di mare, come Marsiglia, e una città come Firenze?

In realtà sono molte di più di quanto si pensi”. In questa sorta di “simmetria” vi è infatti il tentativo, riuscito, da parte della Turba, di vivere il quartiere di Sant’Ambrogio a fondo, se pur soltanto un mese, “un quartiere molto piccolo e molto stratificato, in cui convive un forte connotato di tradizione, che i giovani cercano di mantenere, attualizzandolo, attraverso il recupero dei vecchi mestieri, con l’inarrestabile turistificazione e la componente multietnica” rappresentata anche dalla presenza della sala preghiera in Borgo Allegri. Ecco allora quell’insieme di connessioni e simmetrie nuove tra oggetti e persone, storie e relazioni.

Artigiani, cuochi, mediatori culturali, negozianti, persone di passaggio o che ci vivono da decenni, rifugiati politici e profughi ucraini: Ilaria Turba ha raccontato il progetto agli abitanti che ha incontrato lungo un percorso di passaparola e di sinergie, mostrato la collezione dei pani del desiderio, dopodiché ha chiesto alle persone di scegliere degli oggetti affini per forma, tematica, natura e di poterli ricevere in affido per il tempo del progetto.

foto: Camila Schuliaquer

Oggetti privati e d’affezione che diventano veicoli altrettanto forti di desideri, storie, ed immaginari.

“Mi avevano in un certo senso allertato sulla diffidenza e la chiusura dei fiorentini, ma quello che ho riscontrato è stato tutt’altro, ovvero una forte apertura e un forte desiderio di condivisione e di ritorno alla collettività, elemento che ho riscontrato – in particolare dopo il covid – anche altrove”.

E come è stato invece il rapporto con lo spazio delle Ex Murate?

“Non è certo uno spazio neutro, uno spazio che è stato prima un convento e poi un carcere, ho cercato di confrontarmi con la sua particolare natura”. Ha persino inserito il tuo studio nel percorso della mostra. “Sì, ho deciso di trasferirlo al primo piano”. Una scelta che cala il visitatore nel quotidiano dell’artista e nei suoi percorsi, anche fisici: “ho tracciato sulle mappe tutti i miei spostamenti, sembra incredibile il numero di chilometri fatti in un mese in così poco spazio”.

Quello che più sorprende è la tecnica utilizzata

“In questo come in altri miei lavori prendo a prestito degli elementi dell’indagine antropologica e sociale, usandoli in un modo completamente diverso, integrandoli con la mia ricerca artistica”.

Il 12 gennaio un talk con i curatori Bacci e Gensini  farà un punto sulla mostra che, salvo proroghe, terminerà il prossimo 14 gennaio, Ilaria Turba presente.

“Sono molto soddisfatta sia del mio lavoro sia di come la mostra sia fin qui andata”.