di Asia Neri
Mai un solo giorno è trascorso senza che Vincenzo Vecchiarino impugnasse la sua penna biro per disegnare. “Di tutte le cose visibili e invisibili” voleva occuparsi con la sua arte e il titolo della mostra curata da Yan Blusseau ripropone proprio questo suo motto: Visibilium omnium et invisibilium. A tre anni dalla sua scomparsa, le sale di B.east Gallery ospitano la retrospettiva dedicata a Vincenzo Vecchiarino per valorizzarne la profonda e meticolosa ricerca, ispirata non da grandi artisti ma dalla filosofia, dalla storia e dall’essere umano.
Nato a Lucera nel 1952, si sposta prima a Firenze per studiare all’Accademia di Belle Arti poi a Milano dove collabora con diverse case editrici tra cui la Rizzoli e illustra la rubrica dell’Eroscopo per il Magazine di Playboy. Tra il 1982 e il 1983, torna a Firenze e sceglie di restare, aprendo il suo studio in via Romana 8/r. Vincenzo Vecchiarino disegna con sincerità e ossessione, producendo un numero vertiginoso di opere delle quali non riesce a liberarsi. Tra lo studio e la casa, colleziona migliaia di disegni e questa “pratica dell’accumulo” rispecchia un tratto caratteristico della sua poetica. Densità, pienezza, stratificazione. I suoi quadri sono affollati di forme vorticose dalle quali affiorano figure umane e talvolta animali: in Madonna Lactans Rossa, volti femminili si fondono e confondono nella moltitudine, emergendo dalla materia magmatica con estrema tenerezza. Anche gli astratti realizzati con la sua fedelissima penna Bic raccontano questa religiosa dedizione per il dettaglio e restituiscono il senso di totale investimento dell’artista nel momento della produzione. È con la penna sfera infatti che Vincenzo Vecchiarino manifesta la sua tensione tra cose visibili e invisibili, tra il finito e l’infinito, tra il singolo punto e il flusso d’insieme perché «in quell’unico punto» – confessa l’artista nei suoi taccuini – «giaceva scorrendo il mio io».
Un’attrazione ipnotica cattura chi si trova a osservare il morbido movimento dei volumi e il loro scorrere fluido sulla carta, quasi come se il disegno fosse nato così, come se il tratto della penna non esistesse. È difficile non domandarsi come Vincenzo Vecchiarino sia sconosciuto ai più o perché non sia entrato nella rosa dei grandi artisti contemporanei. E, al tempo stesso, non è poi così difficile rispondersi: non l’ha mai cercato, il successo, e non amava vendersi – o meglio, svendersi – per perseguirlo. Una mostra a Palazzo Barberini a Roma, qualche collettiva e alcune esposizioni nella sua città natale, Lucera (una delle quali fu inaugurata da Piero Bargellini, scrittore, politico nonché sindaco di Firenze tra il ’66 e il ’67). Il suo curriculum si esaurisce così, con numerose altre proposte che preferì rifiutare e con la consapevolezza che forse, un giorno, sarebbe stato compreso in profondità. L’intento della mostra alla B.east Gallery è proprio questo: restituire la meritata considerazione a un artista di adozione fiorentina con un alfabeto visivo totalmente personale e con una storia degna di essere condivisa con un pubblico più ampio. E fin dal primo incontro nel 2010 con Vecchiarino, Yan Blusseau esce dallo studio di via Romana con quest’intima promessa.
Oltre all’esposizione visitabile fino al 15 novembre, il curatore ha scelto il mezzo cinematografico come ulteriore espediente narrativo. La collaborazione con il regista Bartolomeo Pampaloni e con lo scrittore Simone Lisi ha portato alla realizzazione di un documentario sulla vita di Vincenzo Vecchiarino, raccontata attraverso gli occhi e le voci delle figure a lui più care, la moglie Antonietta e la figlia Lucilla. Visibilium omnium et invisibilium è la scoperta di un artista che non ha fame di riconoscimenti, che è incapace di ostentare, che rifiuta l’esibizione. Di un carattere riflessivo, meticoloso, attratto da ciò che appare incomunicabile. Di un esploratore dello spazio infinito che con la sua «penna a sfera ha percorso distanze incalcolabili» (V.V, Taccuini).
Il film è disponibile gratuitamente sul canale YouTube di B.east Gallery.
Courtesy foto: Antonietta Colagrossi, Lucilla Vecchiarino, B.east Gallery