di Comari sull’Uscio

Ona ona ona ma che bella Rificolona,

la mia l’è co’ fiocchi, la tua la c’ha i pidocchi!

Ma l’è più bella la mia, di quella della zia! 

A Firenze ci sono due tipi di persone: quelle che il 7 settembre portavano in giro la rificolona, e quelle che imbracciavano la cerbottana. Non esiste fiorentino che non abbia partecipato, almeno una volta, alla grande Festa della Rificolona (e se esiste, questo è l’anno buono per rimediare!).

Per l’occasione, una volta calato il sole, i rioni si riempiono di tanti lampioncini di carta colorata che i più piccoli appendono alle finestre o fanno sfilare per strada mentre altri, armati di cerbottana e palline di argilla, tentano di renderle inutilizzabili, spengendo la candela che fa luce dall’interno. Con ogni probabilità, l’usanza trae origine dal mercato che viene tutt’oggi allestito l’8 settembre in piazza Santissima Annunziata per festeggiare la natività della Madonna. In passato i contadini delle campagne vicine arrivavano a piedi la sera prima della fiera e, per farsi luce durante il cammino notturno, utilizzavano delle lanterne che reggevano con un bastone. L’arrivo di questa schiera di pellegrini luminosi rappresentava per i cittadini un evento curioso.

Erano soprattutto le contadine, abbigliate in modo buffo e dai fisici corpulenti, a suscitare l’ilarità dei giovani fiorentini, abituati a tutt’altra moda e portamento. Così, per divertirsi, questi iniziarono ad accogliere i coltivatori con lampioncini di carta dalla forma di donna con il lume sotto la sottana, e a portarli in giro fra schiamazzi e grida. Ecco quindi l’aspetto delle prime rificolone! Il termine sembra derivare proprio da “fierucolone” o, meno velatamente, da “fieraculone”, il soprannome con cui gli abitanti del capoluogo toscano, sfacciati come sempre, usavano chiamare le formose campagnole. 

Al di là degli etimi, la sera del 7 settembre la città da secoli si accende e si spenge al ritmo delle coloratissime e  multiformi rificolone, in quella che ogni volta sembra essere l’ultima notte d’estate