Piantare alberi è cosa buona, pulita e giusta. Tutti sono d’accordo col piantare nuovi alberi: destra sinistra e centro. E tutti sono pronti ad applaudire con entusiasmo di fronte a mirabolanti annunci di nuove piantagioni. Il problema è quando l’entusiasmo prende la mano.
Nelle scorse settimane il sindaco di Firenze ha annunciato un nuovo obiettivo per la realizzazione della cosiddetta green-city, contemporaneamente alla dichiarazione di volontà nel realizzare una mappatura delle isole di calore presenti sul territorio della Città metropolitana (per intenderci il territorio di quella che una volta era la provincia di Firenze): “Come Città metropolitana, in base proprio a questa mappatura, vogliamo piantare un milione di alberi entro 10 anni”. Numeri così tondi risvegliano ricordi nel fiorentino, 100 punti, 100 luoghi e 100 altri annunci che non hanno portato a grandi risultati, tantomeno ad un profondo slancio di riconoscenza collettiva.
L’esempio indurrebbe ad evitare l’emulazione. Ci sia permesso far notare che il senso di una mappatura del territorio e delle relative isole di calore sarebbe quello di stabilire, con la dovuta programmazione e ponderazione, quanti alberi e dove è opportuno piantare per mitigare il clima. Firenze ha già stabilito che gli alberi da piantare sono 1 milione. Per quale ragione? Oltre all’effetto annuncio, forse a causa di nostre mancanze, non ci vediamo molto altro. Se queste sono le premesse diciamo che il progetto non parte coi crismi migliori.
Perché scriviamo questo? Perché le isole di calore sono quelle zone, tipicamente situate in ambienti urbani, in cui una serie di fattori (densità abitativa, presenza di asfalto e altre pavimentazioni artificiali, ristagno dell’umidità, concentrazione di sistemi di condizionamento dell’aria, etc…) creano le condizioni per un localizzato innalzamento delle temperature che diviene una costante di certe zone.
Sul territorio della città metropolitana è immaginabile che queste isole di calore si concentrino nella aree più densamente abitate e quindi anche in zone dove è meno plausibile che vi sia grande disponibilità di spazio per piantare nuovi alberi. I 2000 alberi per i nuovi nati così come il lancio del progetto “Dona un albero con dedica” nel 2019 e gli alberi piantati in ricordo delle vittime del covid hanno fatto rinfoltire giardinetti di vari quartieri, ma l’obiettivo come dicevamo appare ancora lontano soprattutto in relazione proprio alle isole di calore. Non solo, ma in contesti urbani altamente abitati un nodo cruciale è quello della scelta corretta degli alberi da piantare e della loro continua e attenta manutenzione onde evitare di creare più problemi di quanti se ne intendano risolvere come l’ormai classico esempio delle radici del pino con l’asfalto.
Perché essere green è bello, ma esserlo con criterio è meglio. Al riguardo ci tocca ammettere che per adesso la città di Prato ha dato una prova migliore con il progetto, anche questo lanciato da poco, chiamato “Prato forest city“. Anche in questo caso si parla di numeri ambiziosi (fin troppo), ma non è sul loro annuncio che si è concentrata la comunicazione del progetto, bensì su un piano di intervento vario e che ha coinvolto diversi attori – pubblici e privati – per rendere più sostenibile la città. Su www.pratoforestcity.it è possibile farsi un’idea di come funzionano i diversi progetti di piantagione urbana e come è possibile sostenerli. Ce ne sono vari e tutti ben definiti nella loro progettazione, che considera le varie potenzialità degli alberi (non solo per interrompere le isole di calore).
A volte rinunciare ad un annuncio per privilegiare un progetto, anche se apparentemente complesso da spiegare, può far perdere un titolo di giornale, ma fa guadagnare in fattibilità.