Dopo una primavera di successi – basti pensare a “La Ferita”, installazione di JR diventata virale sul tema dell’accessibilità ai luoghi della cultura in epoca pandemica, e la mostra “American Art 1961-2001. Da Andy Warhol a Kara Walker”, un itinerario alla scoperta dell’arte moderna degli USA – Palazzo Strozzi scalda i motori per ospitare le opere di uno degli artisti contemporanei più noti (e discussi) a livello mondiale.
Sarà Jeff Koons il protagonista dell’autunno fiorentino, in una personale in programma dal 2 ottobre al 30 gennaio 2022. Dal titolo “Shine”, la mostra viaggia sul concetto di “lucentezza” inteso come gioco di ambiguità tra splendore e bagliore, essere e apparire.
L’utilizzo di materiali diversi, colorati e spesso specchianti, è infatti una costante delle sculture di Koons. Lucide e talvolta eccessive ma con la capacità di unire cultura alta e popolare, mixare eleganza e pacchianeria, di esaltare elementi di consumo di massa accostandoli a raffinati riferimenti alla storia dell’arte. Curata da Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi e lo storico dell’arte Joachim Pissarro, la mostra ospita prestiti provenienti dalle più importanti collezioni e dai maggiori musei internazionali (ricorderete senz’altro i giganteschi palloncini di acciaio lucido a forma di cane, Ballon Dog o il West Terrier floreale di 12 metri esposto in maniera permanente al Guggenheim di Bilbao, Puppy).
Le opere di Koons pongono lo spettatore davanti a uno specchio in cui riflettersi e lo collocano al centro dell’ambiente che lo circonda. Come afferma lo stesso artista: “Il lavoro dell’artista consiste in un gesto con l’obiettivo di mostrare alle persone qual è il loro potenziale. Non si tratta di creare un oggetto o un’immagine; tutto avviene nella relazione con lo spettatore. È qui che avviene l’arte”.
È dunque l’arte che rispecchia l’uomo o l’uomo che si specchia nell’arte? Non c’è una risposta giusta o sbagliata, soltanto l’auspicio di innescare una riflessione sociologica.