di Tommaso Ciuffoletti

Ci sono ricordi che riposano in cassetti della memoria e che ti accompagnano silenziosi. Potrebbero rimanere lì per sempre e spegnersi con te, se non capitasse qualche occasione, qualche incidente che, come uno scatto improvviso di serratura, decide di aprire il cassetto di uno di quei ricordi. E la sorpresa più grande, a pensarci, è che una volta aperto ti accorgi che lì dentro ci sono un sacco di cose preziose. Perché preziosa, in questo caso, è la persona a cui quei ricordi sono legati. Sonia Guidi.

Era di Panzano e forse quest’anima di paese le veniva da lì, ma la Sonia che ricordo io era il cuore e il sorriso di quella strada/quartiere/paese fiorentino che è stata, per qualche tempo, San Niccolò. Dalla Casa del Popolo ai giardini della Carraia, dai tavolini di Bevovino allo studio d’arte di Giovanni De Gara e la Fondazione Il Bisonte. Dove tutti, più o meno, conoscevano tutti e tutti, tutto sommato, si sopportavano anche. Sonia girava per San Niccolò spesso in compagnia di amiche o di Maurizio, e salutava, parlava, organizzava, faceva. Una, dieci, cento cose, tutte mosse da una curiosità, un entusiasmo e un’assenza di filtri o pregiudizi che per quanto conosco di questa città e dei suoi abitanti, era più unica che rara. Quando mi trasferii a vivere lì, non so dire come la conobbi, ma inevitabilmente capitò. Pensavo questa cosa qua, quando mi è venuta in mente Sonia: che le comunità son cose bellissime, ma ci vuole chi le crea. Sonia aveva proprio questa dote: creava comunità. E quando se ne va una persona con una dote così, lascia un vuoto che non è facile colmare.