di Andrea Bertelli

La storia dell’amaro parla fiorentino

Una delle categorie di superalcolici per cui l’Italia si è sempre distinta, sono sicuramente gli amari, una tradizione secolare che vanta un’infinità di etichette diverse per la grande varietà di miscele ed ingredienti con cui vengono prodotti. Molti ormai sono sciroppi alcolici per dolcezza e densità, ma nella storia l’amaro ha una tradizione secolare e parte delle sue radici nascono proprio qui a Firenze.
I primi furono i monaci benedettini esperti erboristi, dediti ai loro elisir curativi, primi antenati dei moderni amari, per arrivare ai Medici, sotto il cui governo, le spezie che arrivavano dal nuovo mondo e dall’Asia furono subito usate per creare nuovi amari curativi, in particolare si usava la noce moscata, pianta fondamentale nella storia della medicina di quegli anni.

Fu però soprattutto con Caterina de’ Medici, donna di carisma ed eccellente gastronoma, che la tradizione di famiglia vide internazionale splendore. Grazie al suo matrimonio, esportò la tradizione dell’amaro prima in Francia e poi in tutta Europa. Il Rinascimento aveva cambiato gli usi comuni, godersi la vita non era più peccato, vi era una nuova scoperta della conoscenza e del piacere. 
Grazie a questo gli infusi e i tonici cominciavano a essere assunti senza avere implicazioni mediche, per puro piacere, per gli amari fu la svolta produttiva, la rampa di lancio per l’Europa e per il successo. 
Una vera rivoluzione alcolica, ben prima di quella francese, travolse così tutte le corti di Europa. 

In alto i calici per questa sovrana illuminata a cui tanto deve la moderna gastronomia!
Evviva!