Si possono mettere in musica delle cartelle cliniche? Nicola Manzan lo ha fatto. Musicista e violinista classico, Manzan, oltre ad aver arrangiato varie sezioni d’archi per importanti musicisti italiani, è noto ai più per il suo alter-ego Hyde di impronta metal, Bologna Violenta.
La città del disordine. Storie di vita dal manicomio di San Lazzaro
“La città del disordine. Storie di vita dal manicomio di San Lazzaro” è la sua prima uscita pubblicata a suo nome ed è un’affascinante interpretazione in musica di vite difficili e di persone che hanno trascorso gran parte della loro vita in un manicomio.
L’ospedale psichiatrico in questione è quello di San Lazzaro, manicomio all’avanguardia per i tempi, sia per la parte clinica che per la parte architettonica, considerano la sua costruzione secondo gli schemi di una piccola città.
Il disco contiene otto brani – per otto pazienti – strumentali, costruiti su una base di accordi di organo, a cui si aggiungono archi (ovviamente), sintetizzatori e varie ed eventuali, tipo l’inquietante carillion in Concetta G.
Il concerto del 3 giugno e l’intervista
“La città del disordine. Storie di vita dal manicomio di San Lazzaro” sarà presentato il prossimo 3 giugno presso la Biblioteca Comunale “E. Ragionieri” di Sesto Fiorentino. È una collaborazione tra Lungarno, La Chute, Dio Drone e il Comune di Sesto Fiorentino. Di seguito la nostra intervista a Nicola.
Come nasce “La città del disordine. Storie di vita dal manicomio di San Lazzaro”?
Il
disco nasce nell’ambito
di un progetto promosso dai Musei Civici del Comune di Reggio Emilia e AUSL
Reggio Emilia / Biblioteca Scientifica Carlo Livi, pensato per il Museo di
Storia della Psichiatria con l’obiettivo
di valorizzare una delle sedi più emblematiche della Rete museale civica
attraverso la coproduzione di un’opera
musicale dedicata, in collaborazione con un editore della scena musicale
indipendente. Sono stato contattato da Georgia Cantoni, responsabile della
comunicazione dei Musei Civici e curatrice del progetto, che mi ha chiesto di
realizzare un album ispirato ad alcune cartelle cliniche di pazienti ricoverati
nel Manicomio tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, scelte tra le oltre
100.000 conservate nella Biblioteca Scientifica Carlo Livi.
Mi sono state consegnate le trascrizioni di una ventina di cartelle e ne ho
scelte otto da mettere in musica. Voglio ricordare che si tratta di un disco
strumentale, musica ispirata alle vite e alle vicende di questi pazienti,
quindi tendenzialmente riconducibile alle colonne sonore e alla musica
classica.
Sei un violinista ma, a nome Bologna Violenta, hai sin qui mostrato il tuo lato più estremo in ambito metal. Come sei riuscito a passare con questa naturalezza tipo dal grindcore a qualcosa di così cinematico e classico?
Io sono cresciuto con la musica classica, sono diplomato in violino e quindi tutto sommato mi trovo più a mio agio con questo linguaggio, che non con quello metal o simili. Bologna Violenta è nato come progetto che si contrapponeva alla classica, anche se nel corso degli anni le mie due “anime” si sono avvicinate molto, fino a fondersi e diventare una dipendente dall’altra (penso soprattutto al disco Uno Bianca). Era mia intenzione fare un disco del genere da anni, ma non avevo mai trovato la giusta motivazione e i giusti argomenti da trattare, sono quindi felice di questa opportunità che mi è stata data dai Musei Civici per realizzare questo album in cui sono riuscito finalmente ad esplorare il mio lato meno estremo e più vicino ai miei ascolti e ai miei gusti.
Su quale base hai scelto le cartelle cliniche?
Innanzitutto devo dire che la mia intenzione era quella di raccontare e di mettere in luce il lato più umano di vite che definirei “sfortunate”, con l’intento di dare dignità alle loro storie. Tra tutte quelle che mi sono state date, queste mi sembravano quelle più adatte da essere messe in musica, ma soprattutto mi sembrava che potessero dare un quadro generale abbastanza omogeneo del tipo di paziente che veniva ricoverato. Dalla malattia mentale con prognosi infausta della piccola Concetta G., fino alla forte depressione di Arturo A., passando per Vincenzo O. (che era una specie di clochard preso in giro dai ragazzini del suo paese) e Isabella Z. M. (grafomane, convinta di essere sposata con un medico), si possono leggere storie (presenti nel booklet disco) molto diverse tra loro, ma che avevano come comun denominatore il ricovero tra le mura del Manicomio San Lazzaro.
C’è qualche possibilità che questo progetto possa estendersi ad altri ex-ospedali psichiatrici sparsi in Italia? Ci viene in mente il nostro San Salvi.
Non saprei. L’occasione che mi è stata data mi sembra più unica che rara, soprattutto perché il San Lazzaro era molto all’avanguardia per l’epoca, avendo appunto questo enorme archivio con cartelle cliniche, foto, disegni e quant’altro dei pazienti. Non so quanti altri ex-ospedali psichiatrici abbiano conservato così tanto materiale da cui poter scegliere. Nel caso mi venisse richiesto, ovviamente non direi di no per partito preso.
Come si svilupperà il concerto che avremo la fortuna di vedere?
Il concerto sarà all’insegna della sobrietà. Come nel disco ho cercato di non spettacolarizzare le vite di questi malati, non vorrei che dal vivo il tutto si trasformasse in uno spettacolo grottesco e irrispettoso. Ci sarò io col mio violino accompagnato dalle basi, e probabilmente tra un pezzo e l’altro mi soffermerò a raccontare un po’ la vita di queste persone, vissute molti anni fa, ma che sembrano in qualche modo essere ancora fra noi.
NICOLA MANZAN
La città del disordine LIVE
giovedì 3 giugno 2021, ore 19:00
presso la Biblioteca Ernesto Ragionieri Sesto Fiorentino
INFO E BIGLIETTI: lachutenicolamanzan.eventbrite.it