Un anno fa usciva l’episodio pilota di una serie che avrebbe appassionato il mondo intero e che, per tutto il 2020, ci avrebbe tenuti col fiato sospeso, puntata dopo puntata.
Con lockdown improvvisi, suggestive immagini delle metropoli completamente deserte e i bandoni dei negozi tutti abbassati. Poi le lenzuolate di arcobaleni ovunque, i concerti sui balconi, il volersi tutti molto bene e i quotidiani omaggi agli eroi contemporanei: medici e infermieri, sì, ma soprattutto i vecchi che evadevano le restrizioni, immortalati nei video durante un fermo delle forze dell’ordine e la loro risposta quasi automatica, come fossero un esercito organizzato per sovvertire l’ordine nel paese: «a più di 80 anni faccio quello che voglio!».
Le chilometriche code per entrare al supermercato; amuchina, farina e lievito sono presto diventati i nuovi beni universali, sostituendo la moneta. Le notti insonni in attesa dell’ultimo discorso alla nazione del Presidente del Consiglio e la caccia alle mascherine introvabili.
Poi arrivò l’odio verso i runner, le telefonate dietro le tapparelle chiuse alla questura di zona per denunciare «un tizio in tutina fluorescente che corre intorno al palazzo con fare sospetto».
Ancora gli sceneggiatori non hanno spiegato se i cosiddetti runner altro non erano che agenti infiltrati dal governo per controllare la cittadinanza o no. Che invece i messaggi minatori e le richieste di allontanamento affisse negli androni di casa dei condomini dove vivevano operatori sanitari fossero l’opera di imbecilli ne eravamo sicuri da subito.
L’estate come sospensione delle riprese, come a dire «ci vediamo il prossimo anno», era solo una menzogna per creare più suspense. Questa seconda stagione invece sta lentamente portando l’intero progetto verso il suo viale del tramonto. È spenta, noiosa, ripetitiva. Nonostante qualche colpo di scena, le zone a colori, l’avvento del vaccino, le mille varianti esotiche, il cambio dell’attore protagonista, la storia non prende più e il pubblico annoiato ormai tira dritto solo per vederne la conclusione. Anche il nodo dell’uscirne migliori o limitarsi a sperare di tornare come prima, ormai non appassiona.
Il rischio di aver allungato troppo il brodo, per poi dover chiudere in fretta e furia un po’ come successe con Lost, è dietro l’angolo. Ma ormai non ci stupiremmo neanche se tutto questo fosse solo un sogno, o il nostro Purgatorio.
Basta che finisca.