di Daniele Pasquini e Riccardo Morandi

Internet e i social network hanno ridefinito la nostra memoria a breve termine. Schiacciati nell’oggi, non ricordiamo i fatti del mese scorso, né le notizie per cui indignavamo una settimana fa.

Una città contemporanea

Firenze è la culla del Rinascimento, si sa, ma è passato mezzo millennio e l’umanità non è scolpita nel marmo. E la città se ne è accorta, aprendosi al contemporaneo in modo inaspettato (e a volte discusso). Tra le novità del decennio impossibile non menzionare l’inaugurazione nel 2014 del Museo Novecento, compimento di un appello lanciato nel lontano ’66 da Ragghianti, che presenta collezioni civiche e grande fermento espositivo. Qualche shock in più l’hanno provocato le installazioni temporanee in Piazza Signoria: le opere di Jeff Koons (2015) e Urs Fischer (2017) hanno creato un dibattito feroce. Trionfale – e stavolta senza polemiche – la riapertura del Forte di Belvedere (ricordiamo le personali di Penone, Gormley, Fabre, Mattiacci e la collettiva YTALIA). Da non scordare le mostre di Palazzo Strozzi (su tutte Ai Weiwei nel 2016, Bill Viola e poi Marina Abramovic nel 2017). Per gli amanti del contemporaneo (e degli acronimi), tra i nuovi spazi artistici ci sono anche PIA (Palazzina Indiano Arte, sede del centro produzione Virgilio Sieni), PARC (Performing Arts Research Centre, sede di Fabbrica Europa) e infine MAD (Murate Art District, ovvero lo spazio dell’ex carcere duro delle Murate destinato a mostre, eventi e residenze d’artista). Vita nuova pure per la Manifattura Tabacchi (per gli amici, MT) che dopo aver dismesso la produzione di sigari nel 2001 è stata parzialmente riaperta e riconvertita a eventi e produzione artistica.

D.P.

Vicoli oscuri

In epoca di attivismo mondiale contro razzismo e violenza di genere, la cronaca fiorentina dell’ultimo decennio sembra più che mai un tragico compendio, un manuale su cui far memoria. Impossibile non partire dal duplice omicidio del 13 dicembre 2011, quando Casseri, ragioniere pistoiese attivista di Casa Pound, aprì il fuoco in piazza Dalmazia uccidendo due uomini di origine senegalese, Samb Modou e Diop Mor, e ferendone un terzo, Moustapha Dieng. Casseri fuggì in auto, prima di suicidarsi nei pressi del Mercato Centrale. Una storia destinata a ripetersi, il 5 marzo 2018, quando sul Ponte Vespucci fu assassinato Idy Diene: l’ex tipografo Pirrone, autore dell’omicidio, è stato condannato a 30 anni. Stessa pena per Cheik Tidiane Diaw, anche lui senegalese, considerato responsabile della morte di Ashley Olsen, 35enne americana residente a Firenze, uccisa il 9 gennaio 2016. Pochi mesi dopo un altro femminicidio scosse Firenze, quello di Michela Noli, 31enne uccisa a coltellate dall’ex marito. Nell’autunno del 2017 un doppio-caso di violenza sessuale ha visto vittime due studentesse americane ad opera di due carabinieri in servizio: 5 anni e mezzo di reclusione per il carabiniere Costa, 4 anni e 8 mesi con rito abbreviato per l’ex-collega Camuffo. Assolti invece in Cassazione – dopo una condanna in primo e secondo grado – i tre carabinieri inputati per la morte di Riccardo Magherini, deceduto durante un fermo il 3 marzo 2014 in San Frediano, quando in seguito a una crisi di panico fu trattenuto a terra con forza prima dell’arrivo dei soccorsi. Un’assoluzione che ha fatto discutere: nel 2019 la Corte europea dei diritti umani ha accolto il ricorso sul caso.

D.P.

Il grande set

Firenze è tornata dopo anni alla ribalta dei set: ma in che modo? È indubbio che il fatto di aver rivisto la nostra città protagonista di numerose produzioni televisive e cinematografiche, prima per tutte in questo decennio quella di “6 Underground” di Micheal Bay, o quella del reality datato 2011 “Jersey Shore” abbia dato molta visibilità ai luoghi a noi cari, che viviamo quotidianamente. Ma in che modo? Cosa c’è di Firenze in quello che vediamo? Poco. Firenze in questi dieci anni è diventata un fondale, come quelli che montano spesso a Cinecittà. La cartolina di Firenze, che appare anche nella produzione “I Medici”, che tanto ha appassionato, è bella, è perfetta, ma non coinvolge questa città: diventa un pezzo di un videogioco, come in “Assassin Creed”. Senza perdere tempo e battute sul capolavoro degli amici monicelliani, senza entrare nella retorica dell’Oltrarno di “Metello”, il ruolo della nostra città è oggi di semplice comprimario, di toccata e fuga, come nella serie “La casa di carta”. Bella come un dipinto, facile da carpire per l’utilizzo su un set, accessibile come trovarla su una qualunque storia sul social in voga.
Attenti, che Firenze non è solo una quinta. Siamo contenti, ma come diceva il grande Corrado “Non finisce qui”.

R.M.