Il 2020, pur essendo stato marcato come l’anno del SARS-CoV-2, lo ricorderemo come l’anno della casa.
L’anno in cui abbiamo imparato che potevamo fare jogging per le scale, lavorare in pigiama dalla cucina, se non dal letto, fare conference call dal cesso, prendere il sole appesi alla finestra e cantare dal balcone senza che il vicino chiamasse la Municipale.
L’anno che hanno promesso di riportare i residenti in centro a colpi di parcheggi selvaggi con ZTL fuori controllo che manco nelle cartoline del ‘72, di costruire case al posto di alberghi, di mettere gli Airbnb al rogo, di vedere sui Lungarni famiglie con figli al posto dei cani. Ah no. L’anno che ti hanno detto che ti saresti improvvisamente reso conto che al posto del tuo trilocale di 50mq in centro con mutuo trentennale, avresti sentito il magico bisogno di possedere una casa con giardino e/o terrazza panoramica, maddai.
E ti hanno detto “È il momento di comprare casa, vedrai come scendono i prezzi ora”, e hai visitato i peggiori scantinati di San Jacopino, perscrutato i frazionamenti più furbi di tutta Careggi, delle planimetrie che manco Escher e, addirittura, un appartamento trasformato in allevamento per gatti (true story), ma sottovalutavi i – navigatissimi palazzinari – bread and born in Florence, che manco ti invitano a casa loro se non sei fiorentino da quattro generazioni, tuvvedrai nini.
E allora, visto che manco quest’anno l’abbiamo sfangata, mi costruisco una Gingerbread House, perché sarà l’unica sensazione di casa che mi accompagnerà in questo Natale.