Fermi tutti, stop alle telefonate. Qua non si parla di un mero atteggiamento che in molti hanno, alla luce di quello che è successo o sta succedendo in Italia, e men che meno di una questione caratteriale. Qua si tratta di un solco nel cuore di una cittadinanza. Avrei volentieri titolato questa rubrica “il bastiancontrariesimo”, ma poco si confà all’uso che fanno i nostri lettori di queste righe.
Firenze è sempre stata patria della zuffa, ce lo dice la storia: scontri verbali, targati prima con le casate, poi coi partiti, poi con i colori della squadra del cuore. Il motore, quello che da anima a tutto questo, è però un sentimento da targare come “tradizione”. Qualsiasi cosa accada, da un terremoto (evento fortunatamente raro) a un cambio di viabilità di una strada trafficata da 20 automezzi al giorno, è questione. Comitati, cartelli, urla e mobilitazioni, da sempre. Firenze è arrivata molto prima al fenomeno delle indignazioni da pagina social, Firenze litiga da sempre, per tutto. Il motore è qualcosa di sublime, la polemica è l’anima, e poco conta la motivazione. E ogni fiorentino che si dica tale al mattino non ha mai pensato il perché di cosa stesse succedendo, ma pensa e pensava per cosa potrei arrabbiarmi? La soluzione poi dove si trova? Nelle parole. Fiumi e fiumi, da sempre, con tutti, con la stessa verve, la stessa chiusa ironica, lo stesso sberleffo che Monicelli seppe fotografare anni fa. Invece di una bistecca, quando passeggiate in centro, entrate in un bar e polemizzate. Il consiglio è veloce, e non c’è in nessuna guida. Se avete da ridire, siete fiorentini doc.