di Tommaso Chimenti
Continua il nostro viaggio tra le personalità del teatro fiorentino per avere il polso del settore artistico in città in questo momento di chiusura forzata e lo abbiamo fatto stavolta con Giancarlo Mordini, direttore artistico del Teatro di Rifredi.
Come hai vissuto queste settimane senza teatro? Che iniziative avete preso in queste settimane?
“Decisamente male perché io sono un uomo di azione e ho bisogno di vivere il teatro quotidianamente, osservare il pubblico che entra in sala, verificare come reagisce durante gli spettacoli. Spettacoli che abbiamo scelto con tanta cura, attenzione, passione, amore. L’alchimia che quotidianamente si crea tra gli attori e il pubblico per me è linfa vitale. È adrenalina pura. Interrompere da un giorno all’altro questa osservazione in pieno svolgimento di una stagione estremamente positiva per il Teatro di Rifredi è stato un bruttissimo colpo. Forse la sofferenza maggiore è seguire inerme il calendario affisso nello studio di casa pensando: oggi ci sarebbe stata la prima di questo spettacolo, oggi l’ultima replica, fra tre giorni un nuovo debutto. Comunque al Teatro Rifredi abbiamo tempestivamente cercato di spostare tra ottobre/dicembre 2020 gli spettacoli “recuperabili”, poi abbiamo coniato l’hastag #ilteatrononsiferma da cui successivamente Lorenzo Degl’Innocenti, Roberto Andrioli e Fabrizio Checcacci hanno sviluppato un appuntamento serale su Youtube con tantissimi artisti che hanno voluto “donare” delle perle per restare in contatto con il pubblico. Quindi chiusi purtroppo; ma non certo immobili”.
Come pensi che il teatro italiano possa risollevarsi da questo cataclisma?
“Sarà complicato perché il Governo si è già pronunciato: saremo tra le ultime categorie a ripartire. La sicurezza dei lavoratori e del pubblico sono la prima e fondamentale preoccupazione. Mi conforta la linea intrapresa dall’Assessore Tommaso Sacchi insieme ad altri 12 assessori di altre città e Regioni che hanno aperto una trattativa diretta con il Ministro Franceschini: ci sarà bisogno di un’azione importante di rilancio quando potremo riaprire le nostre sale. Sento voci, anche autorevoli, che sostengono che “il teatro non potrà essere quello di prima” francamente non credo a una epocale “rivoluzione”. Più che di filosofia c’è bisogno di buon teatro. Auspico che questa forzata pausa aiuti tutto il settore a riflettere maggiormente su cosa sia indispensabile produrre e proporre al pubblico. Detto questo resto fiducioso perché ricevo continue dimostrazioni di mancanza di teatro“.