di Leonardo Cianfanelli

Tecnico del suono, cantautore e musicista instancabile, dopo aver girato il mondo alla batteria dei Motorpsycho, Håkon Gebhardt ha deciso di lasciare la Norvegia e trasferirsi a Firenze insieme al suo studio di registrazione Das Boot Studio. Oggi esce il suo nuovo singolo “Distant Stars”, con il featuring di Marì Simonelli, calcio di rigore per porgli finalmente qualche domanda: 

C’è una bellissima storia, molto cinematografica, che ti ha portato da Trondheim in Norvegia fino a Firenze. Ce la racconti brevemente?

“Sì, è una storia d’amore cinematografica che mi ha portato a Firenze e spero di poter scrivere presto la colonna sonora di quel film (ride). Ho incontrato Marì, la mia anima gemella, quando lei era in vacanza a Trondheim nel 2014 e abbiamo passato dei giorni molto belli insieme. È stata l’estate più calda degli ultimi 30 anni a Trondheim, c’era amore nell’aria e la vita era semplicemente bellissima. Quando lei è tornata a Firenze, l’ho seguita dopo qualche giorno per conoscerla meglio e da allora abbiamo iniziato a viaggiare insieme su e giù tra Trondheim e Firenze. Abbiamo avuto la nostra base in Norvegia per 3 anni, ma ha cominciato a diventare sempre più strano per entrambi tornare a Trondheim dopo aver trascorso alcune settimane a Firenze. Che cosa ci facevamo lassù, nel freddo nord? Volevamo fare il passo successivo insieme, abbiamo impacchettato lo studio di registrazione, abbiamo venduto la casa e i mobili e siamo saltati su un aereo pronti per il prossimo capitolo della nostra vita in Italia”.

Nel nuovo singolo “Distant Stars” continua la tua incessante ricerca sonora. Com’è nata questa canzone? 

“Sono sempre a giocherellare con la chitarra e ho avuto un periodo, 6 o 7 mesi fa, in cui avevo dato alla chitarra un’accordatura diversa solo per vedere cosa veniva fuori quando non sapevo dove mettere le dita in modo naturale. Da questa accordatura sono nate 4 o 5 idee. Il titolo che avevo dato a questa canzone era “Young” perché gli accordi che sono venuti fuori mi suonavano un po’ come un Neil Young dell’album “Harvest”. Poi ho iniziato a fare una demo in studio usando alcuni semplici loop come traccia click, ho costruito la musica intorno a essa e a quel punto il pezzo ha preso una sua direzione e una sua identità. Tuttavia non avevo ancora una melodia o un testo. Quando la situazione del Coronavirus è diventata così grave ed è iniziato il lockdown in Italia, mi sono ritrovato a pensare a come questo stesse prendendo il sopravvento sulla realtà che conoscevamo e in cui vivevamo. Ho iniziato ad avere immagini nella mia testa.
Ho sempre avuto il bisogno di mettere su carta i miei pensieri, così posso ordinare le parole e le frasi in sistemi che mi permettono di vedere quello che sto pensando! È un modo per me di capire chi sono, cosa ci faccio qui, perché mi sento così, dentro di me, quando il mondo è difficile da capire e da decifrare”.

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In  un momento dove la rete è satura di contenuti e performance live, spesso anche scadenti, Nick Cave ha dichiarato che sarebbe meglio per gli artisti utilizzare queste giornate per mettersi da parte e riflettere. Cosa ne pensi? 

“Ho notato che molti artisti stanno facendo performance online, trovo alcuni di loro fastidiosi, altri dolci, divertenti o inutili. Gli artisti sono spesso drogati di celebrità e sentono di avere cose importanti da dire, anche quando probabilmente sarebbe meglio sedersi e riflettere, come ha suggerito Nick Cave.
Ma questo periodo di quarantena è una situazione sconosciuta per tutti noi. Niente è giusto o sbagliato secondo me, o forse è più corretto dire che
tutto sembra sbagliato e irreale in questi giorni. Abbiamo tutti i nostri modi diversi di affrontare la situazione in cui ci troviamo, e non voglio giudicare le persone che stanno riempiendo il web con performance o ricette di cucina o altro. Posso essere infastidito, quello sì, ma in realtà mi sono anche divertito ad aspettare 6 ore che Axl Rose si presentasse in ritardo al live stream dei Guns n’Roses l’altro giorno. Non ho comunque cose migliori da fare in questi giorni (ride). Secondo me la creatività è un modo per riflettere, un tuffo dentro alcune delle paure che ho provato. Attraverso le canzoni creo un nuovo universo e una nuova realtà per me stesso. Senza creatività, mi perdo anche nella realtà di tutti i giorni. Ho bisogno di esprimermi, anche solo per me. E questa pandemia mondiale ha scatenato in me il bisogno di finire “Distant Stars”. Ho dovuto registrarla e farla uscire. Avrò ora la tranquillità di cui ho bisogno per sedermi e riflettere…?”.

Durante questa emergenza sanitaria spesso gli italiani guardano al Nord Europa come a un modello da seguire. Avendo una doppia prospettiva, che idea ti sei fatto? 

“Sentivo che la Norvegia stava reagendo con ritardo alla situazione, parlavo con gli amici del nord cercando di far capire loro che era una situazione molto pericolosa, che si stava aggravando e che avrebbe colpito anche la Norvegia se la gente non avesse preso le misure date dal governo. Quando si vive alla periferia del mondo, si ha la sensazione che le epidemie di qualsiasi tipo siano qualcosa che non colpirà mai “noi” lassù. È qualcosa con cui solo il resto del mondo dovrà fare i conti. È stato uno shock per me capire che anche la Norvegia, con così poche persone e una forte economia, mancava di importanti dispositivi di protezione negli ospedali per i medici e gli operatori sanitari. Anche lì non erano preparati a una situazione del genere. In Scandinavia la situazione è molto diversa, perché la popolazione è molto bassa e la cultura della socializzazione è diversa rispetto al sud dell’Europa. Ho notato che il team norvegese di medici e infermieri che sono stati mandati in Lombardia per aiutare è rimasto positivamente impressionato da come la situazione è stata gestita quaggiù. Penso che gli italiani possano essere molto orgogliosi del modo in cui la società ha affrontato la situazione del Coronavirus. Naturalmente verranno fuori tutti i tipi di errori e come le cose avrebbero dovuto essere fatte in modo diverso quando la crisi sarà finita, ma sono molto impressionato da quello che ho visto e anche da come siamo stati informati in Italia attraverso la radio e la tv durante lo sviluppo della situazione. Quando ho cercato di seguire i programmi televisivi norvegesi sulla situazione del Coronavirus, ho avuto la sensazione che non fornissero informazioni sufficienti rispetto a quelle che ricevo qui. Anche seguire il modo in cui le autorità svedesi hanno lavorato in questa situazione è stato, secondo me, scioccamente arrogante. Ma chi sono io per dirlo, la storia lo dimostrerà!”.

C’è qualcosa che vuoi suggerirci tra le ultime cose che stai ascoltando ultimamente?

“La hit di Maccio Capatonda!”.